Un test per conoscere la propria fertilità. In un’Italia sempre più segnata dalla denatalità, la Regione Lazio prova a dare una risposta concreta, puntando sulla consapevolezza femminile. Al centro dell’attenzione c’è il test antimulleriano, esame utile per valutare la riserva ovarica e quindi la potenziale fertilità di una donna. La proposta di legge nasce per offrire questo strumento in maniera gratuita e periodica, come occasione di informazione e prevenzione.

L’idea è stata messa nero su bianco dal consigliere regionale Nazzareno Neri, del gruppo Noi Moderati. Presentata ufficialmente in Consiglio regionale, la proposta ha già acceso il dibattito all’interno della commissione Salute, dove diversi esperti del settore hanno espresso il loro parere tecnico.

Una legge per tutelare la libertà di scelta

Non si tratta di incentivare la natalità con slogan o bonus spot, ma di dare strumenti concreti alle donne, affinché possano scegliere consapevolmente quando diventare madri. È questo, secondo Neri, il cuore della proposta: “Vogliamo tutelare le donne, fornendo loro un'opportunità in più per conoscere il proprio corpo e prendere decisioni informate sul proprio futuro”.

Il test antimulleriano permette infatti di misurare la quantità di ormone AMH, un indicatore diretto della riserva ovarica. Non predice con esattezza la fertilità, ma rappresenta un importante punto di partenza per pianificare eventuali percorsi riproduttivi.

Un open day per la fertilità ogni 22 settembre

La proposta prevede che ogni anno, in coincidenza con il Fertility Day nazionale (22 settembre), venga organizzato un open day regionale dedicato al tema della fertilità. In quell’occasione, tutte le donne interessate potranno effettuare gratuitamente il test antimulleriano, accompagnato da un colloquio informativo con personale sanitario.

Per avviare l’iniziativa, la legge propone uno stanziamento iniziale di 80mila euro per il 2024, cifra considerata sufficiente per coprire l’avvio del progetto e garantire un primo ciclo di test gratuiti.

Il parere degli esperti: bene la sensibilizzazione, ma servono integrazioni

La proposta è stata accolta con favore dagli esperti auditi in commissione, provenienti da diverse ASL del territorio laziale. Tra i professionisti ascoltati figurano:

  • Arianna Pacchiarotti e Giovanna Colella (Asl Roma1)
  • Rocco Rago (Asl Roma2)
  • Stefano Antonaci (Asl Roma3)
  • Valerio Napolitano (Asl Roma5)
  • Vincenzo Spina (Asl Rieti)
  • Carlo Carriero (Asl Viterbo)
  • Maria Giuseppina Picconeri (Società Italiana della Riproduzione Umana)

Tutti hanno espresso apprezzamento per l’obiettivo di creare una cultura della fertilità, sottolineando l’importanza di partire già dall’adolescenza, con attività di sensibilizzazione nelle scuole e nei consultori.

Tuttavia, non sono mancate le proposte di integrazione. Una delle richieste più frequenti è stata quella di prevedere screening anche per la fertilità maschile, troppo spesso dimenticata nel dibattito pubblico. È stato inoltre suggerito di indicare una fascia d’età specifica a cui rivolgere l’iniziativa, per garantire maggiore efficacia.

Non solo diagnosi: servono percorsi dedicati

Accanto al test, gli esperti hanno posto l’accento sulla necessità di offrire percorsi successivi alle donne che ricevono risultati preoccupanti. Un semplice esame, infatti, non può bastare. Serve una rete che sappia accompagnare le pazienti, offrendo consulenze, soluzioni come il congelamento degli ovociti, o l’accesso a centri specializzati nella procreazione medicalmente assistita.

L’auspicio è che la proposta di legge non si limiti a un’azione simbolica, ma che diventi il primo tassello di una politica regionale strutturata sulla salute riproduttiva.

Educare alla fertilità, fin dall’adolescenza

Uno degli spunti più interessanti emersi in commissione riguarda il ruolo dell’educazione alla fertilità nei percorsi scolastici. La conoscenza della fisiologia femminile (e maschile), delle finestre fertili, dei fattori di rischio e delle possibilità offerte oggi dalla medicina dovrebbe diventare parte integrante della formazione degli adolescenti.

È una questione culturale, prima ancora che sanitaria. Come ha osservato uno degli esperti auditi, “creare una cultura della fertilità significa aiutare le nuove generazioni a non ritrovarsi impreparate di fronte a scelte importanti”.

Una risposta concreta alla denatalità

Il calo delle nascite in Italia ha raggiunto numeri allarmanti. Secondo i dati Istat, nel 2023 il nostro Paese ha registrato meno di 400mila nuovi nati, il dato più basso dall’Unità d’Italia. Il Lazio non fa eccezione: anche nella regione, le coppie fanno figli sempre più tardi, e molte donne scoprono troppo tardi di avere difficoltà nel concepimento.

In questo contesto, la proposta di Neri può essere letta come una risposta pragmatica a una crisi demografica ormai strutturale, che non si risolve con incentivi economici o campagne simboliche, ma con politiche sanitarie orientate alla prevenzione e alla conoscenza.

Il test antimulleriano: cos’è e perché è utile

L’ormone antimulleriano (AMH) è prodotto dai follicoli ovarici e il suo dosaggio rappresenta un indicatore affidabile della riserva ovarica di una donna. In parole semplici, indica quante cellule uovo potenzialmente fertili sono ancora presenti nell’organismo.

Il test si esegue con un semplice prelievo di sangue, e può essere effettuato in qualsiasi giorno del ciclo mestruale. Non offre una diagnosi definitiva, ma è utile per comprendere il livello di fertilità attuale e pianificare eventualmente scelte future, come la crioconservazione degli ovuli.


Costruire una nuova cultura della salute riproduttiva

La proposta avanzata nel Lazio rappresenta un primo passo verso un approccio più maturo e informato alla fertilità, dove la salute riproduttiva viene trattata come parte integrante della salute generale della donna.

Dare accesso gratuito al test antimulleriano, almeno una volta all’anno, può significare per molte donne l’occasione di prendere in mano il proprio destino riproduttivo. Ma per essere davvero efficace, questa iniziativa dovrà essere accompagnata da informazione capillare, strutture di supporto con esami capillari e specializzati, e soprattutto un cambiamento culturale profondo.

L’obiettivo finale non è solo quello di far nascere più bambini, ma di restituire alle donne (e agli uomini) la libertà e gli strumenti per scegliere, con consapevolezza e senza ansie, se e quando diventare genitori.

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