In Italia, ogni anno oltre 15.000 giovani sotto i 40 anni ricevono una diagnosi di tumore. I numeri sono in crescita e il trend non mostra segni di rallentamento. Di fronte a questo scenario, il messaggio che arriva dalla comunità scientifica è chiaro: la prevenzione non può avere età. Cambiare il modo in cui si parla di cancro, anche tra i più giovani, è ormai una necessità.

Il cancro non è più solo una malattia della terza età

Tradizionalmente il tumore è stato considerato un problema legato all’invecchiamento. E in effetti, la maggior parte delle diagnosi arriva tra i 65 e i 70 anni. Ma qualcosa sta cambiando. Negli under 50, e in particolare nella fascia 20-39 anni, alcune forme tumorali stanno diventando sempre più frequenti. Un fenomeno che impone un ripensamento delle strategie di prevenzione.

Tra i principali responsabili ci sono gli stili di vita a rischio: fumo, consumo eccessivo di alcol, alimentazione squilibrata e sedentarietà. Scelte quotidiane che, se modificate in tempo, possono ridurre sensibilmente il rischio di sviluppare un tumore, anche in età precoce.

Prevenzione no age: cosa significa davvero

Non si tratta solo di anticipare gli screening. La prevenzione “no age” è un approccio integrato che coinvolge comportamenti sani, educazione sanitaria sin dall’infanzia, vaccinazioni mirate (come quella contro l’Hpv) e accesso a test genetici per chi appartiene a famiglie con rischio elevato.

Un cambiamento culturale che ha già mostrato risultati: tra il 2017 e il 2021, il tasso di mortalità per tumore nella fascia 20-49 anni è sceso del 21% tra le donne e del 28% tra gli uomini. Ma i dati, per quanto incoraggianti, non bastano a contenere una crescita che in alcune forme tumorali è definita “allarmante”.

Tumore al seno, l’incidenza cresce tra le più giovani

Il tumore con l’aumento più marcato tra gli under 40 è quello al seno. In Italia, una donna su cinque che riceve questa diagnosi ha meno di 40 anni, per un totale di oltre 11.000 nuovi casi ogni anno. Un dato che è quasi raddoppiato negli ultimi trent’anni.

Le cause? Oltre al rischio genetico, che spiega il 5-10% dei casi, incide soprattutto lo stile di vita. Sovrappeso, consumo di alcol e fumo, ma anche cambiamenti ormonali legati a scelte sociali come la prima gravidanza sempre più tardiva, il numero ridotto di figli e il calo dell’allattamento al seno.

Il rischio genetico di un tumore sotto i 40 resta in gran parte sommerso

Il rischio genetico di un tumore resta in gran parte sommerso

Le mutazioni ereditarie che predispongono allo sviluppo di tumori non si limitano a mammella e ovaio. Oggi si stima che circa il 15-17% dei tumori sia di origine genetica, su un totale annuo di 400.000 nuove diagnosi in Italia. Le persone portatrici di sindromi ereditarie a rischio oncologico sono circa 1.250.000, ma fino all’85% non lo sa.

Questa inconsapevolezza è dovuta anche alla scarsa diffusione del counselling genetico, uno strumento fondamentale per attivare percorsi di sorveglianza mirata. Chi conosce il proprio profilo di rischio può accedere a programmi di prevenzione personalizzati, aumentando le probabilità di diagnosi precoce e trattamento efficace.

Giovani e tumori: il problema è anche culturale

Parlare di cancro con i giovani è ancora difficile. L’idea stessa della malattia è spesso rifiutata, vista come lontana nel tempo e incompatibile con l’età. Ma questa barriera culturale è pericolosa. Superarla significa salvare vite.

Educare sin dall’adolescenza al concetto di rischio, spiegare l’importanza della prevenzione, parlare apertamente di familiarità e genetica sono passi cruciali per costruire una nuova consapevolezza. Non basta aspettare che i sintomi compaiano: occorre diffondere l’idea che la salute si protegge prima, e ogni età è quella giusta per iniziare.

L’Italia ha un modello: il centro per chi è ad alto rischio

Per rispondere a queste sfide è nato il primo centro italiano dedicato a chi ha un rischio oncologico elevato, per motivi genetici o familiari. Ogni anno, più di 2.000 persone si rivolgono a questo servizio. Di queste, circa 600 famiglie vengono seguite con una sorveglianza intensiva e continua.

Si tratta di un modello replicabile che punta su diagnosi precoce, consulenza genetica, percorsi di accompagnamento personalizzati e uno sforzo educativo rivolto all’intero nucleo familiare. Un approccio che mette al centro il paziente prima ancora che diventi tale.

Una giornata aperta alla prevenzione

Per sensibilizzare l’opinione pubblica e avvicinare le persone a questi temi, è stato organizzato un open day aperto a tutti, con oltre 200 visite gratuite dedicate ai familiari dei pazienti e un intero “villaggio della salute”. I partecipanti potranno ricevere informazioni su nutrizione, abitudini salutari, disassuefazione dal fumo, attività fisica e benessere psico-fisico.

Tra le proposte, anche spazi dedicati alla cura della pelle, all’educazione alimentare, all’importanza del movimento – simboleggiata dalla bicicletta – e persino all’impatto positivo della relazione con gli animali domestici.

Serve una maggiore nuova cultura della prevenzione

Il tumore in età giovane non è più un’eccezione. Eppure la cultura della prevenzione resta ferma a schemi superati. Pensare che il rischio oncologico riguardi solo chi ha superato i 50 anni non è più realistico.

La scienza offre strumenti sempre più efficaci per prevenire, monitorare e ridurre il rischio. Ma perché funzionino, è necessario renderli accessibili, conosciuti e desiderabili. Solo così si potrà invertire un trend che, se ignorato, rischia di diventare la prossima emergenza sanitaria tra le nuove generazioni.

Il colon-retto tra i giovani: casi in aumento e nuove soluzioni di screening

Un altro dato preoccupante riguarda il tumore del colon-retto, sempre più frequente anche sotto i 50 anni. In Italia, l’incidenza in questa fascia d’età è in crescita costante, e gli esperti parlano di un trend che non può più essere ignorato. Fino a pochi anni fa, questo tipo di cancro veniva considerato tipico della terza età, ma oggi colpisce sempre più spesso anche trentenni e quarantenni, spesso senza sintomi evidenti nelle fasi iniziali.

Le cause principali restano legate allo stile di vita: alimentazione ricca di grassi e povera di fibre, consumo regolare di carne rossa e lavorata, alcol, fumo e sedentarietà. Fattori che, se modificati, possono ridurre drasticamente il rischio di sviluppare la malattia. Ma è fondamentale anche il ruolo della diagnosi precoce, resa oggi più accessibile e meno invasiva grazie a tecnologie come la colonscopia virtuale, un esame di imaging che consente di visualizzare l’interno dell’intestino senza introdurre strumenti endoscopici. Questo tipo di screening è particolarmente indicato per le persone giovani a rischio, soprattutto in presenza di familiarità.

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