Ogni ora, nel mondo, più di trenta persone perdono la vita a causa di annegamento. In dieci anni sono oltre 3 milioni le vittime globali, con una media di 300.000 decessi l’anno. L’allarme arriva dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che in occasione della Giornata internazionale per la prevenzione dell’annegamento del 25 luglio, rilancia la necessità di azioni urgenti e coordinate per fermare quella che definisce una delle principali cause di morte non intenzionale al mondo, soprattutto tra i giovani.
Parliamo di:
Un’emergenza globale spesso sottovalutata
I dati diffusi dall’Oms mostrano che più della metà delle vittime ha meno di 30 anni, mentre i bambini sotto i 5 anni rappresentano circa il 25% del totale. L’annegamento è la terza causa di morte tra i 5 e i 14 anni e colpisce soprattutto le aree rurali e le popolazioni economicamente svantaggiate.
Nel periodo compreso tra il 2000 e il 2021, è stato registrato un calo del 38% della mortalità globale da annegamento. Un dato positivo, che tuttavia non può oscurare la persistenza del fenomeno. L’Oms parla chiaramente di una “crisi evitabile”, che può essere arginata attraverso politiche di prevenzione, sorveglianza e formazione mirata.
I dati italiani: bambini e piscine i punti critici
In Italia, il fenomeno non è meno preoccupante. Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio per la prevenzione degli annegamenti dell’Istituto Superiore di Sanità, tra il 2017 e il 2021 sono stati registrati 1.642 decessi, una media di 328 vittime all’anno, di cui 12% minorenni. In particolare, 41 vittime ogni anno hanno meno di 19 anni, con una elevata incidenza nelle piscine domestiche, dove manca spesso qualsiasi sistema di sicurezza.
Uno degli elementi più critici è l’assenza di una normativa chiara e vincolante. In Paesi come la Francia, invece, vige un obbligo di dotazione di barriere, allarmi e coperture per le piscine private, misura che ha ridotto in modo significativo la mortalità infantile per annegamento.
La tragedia dietro i numeri
Le cronache dell’estate sono spesso scandite da drammi che coinvolgono i più piccoli. Come il caso di un bambino di due anni annegato il 3 luglio in una piscina domestica nel Modenese, o del bambino di quattro anni ritrovato privo di sensi in un centro acquatico a Castrezzato. Il 15 giugno, un ragazzo di 16 anni è stato rinvenuto senza vita sulla spiaggia di Sant’Elia, a Cagliari.
Questi episodi, seppur numericamente contenuti, rivelano la drammaticità di un fenomeno che colpisce in modo silenzioso, spesso in pochi istanti e in contesti familiari.
Pericoli anche per gli adulti e nelle acque interne
Non sono solo i minori ad essere esposti. Ogni anno, circa 80 adulti perdono la vita per annegamento in laghi e fiumi italiani, spesso per malori improvvisi, sopravvalutazione delle proprie capacità natatorie o assenza di personale qualificato.
Particolarmente vulnerabili sono anche i migranti, che cercano refrigerio nelle acque interne senza conoscere la pericolosità di certi tratti. Il rischio si amplifica in assenza di cartellonistica adeguata, sorveglianza o intervento immediato.
La prevenzione contro il rischio annegamento passa da educazione, controllo e formazione

Le principali raccomandazioni degli esperti si concentrano su una prevenzione basata su consapevolezza e comportamenti corretti. Tra i consigli:
- Evitare bagni dopo pasti pesanti o esposizione prolungata al sole
- Non tuffarsi in acque non conosciute
- Nuotare solo in aree sorvegliate
- Non lasciare mai i bambini incustoditi
- Evitare il consumo di alcol prima di entrare in acqua
- Insegnare a nuotare fin da piccoli
- Rispettare le segnalazioni e le bandiere di sicurezza
Il valore della diagnosi e delle visite mirate in età pediatrica
In un’ottica di prevenzione, è fondamentale che i bambini vengano valutati precocemente in ambulatori specializzati, soprattutto per verificare l’idoneità a praticare attività acquatiche. Alcuni disturbi neurologici, cardiaci o comportamentali possono aumentare il rischio di incidenti.
In caso di episodi di svenimento, vertigini, affaticamento anomalo o fobie legate all’acqua, è opportuno consultare un centro pediatrico o uno specialista in medicina dello sport. Anche gli adulti dovrebbero sottoporsi a controlli mirati prima di cimentarsi in attività balneari in mare aperto o in acque profonde.
Una campagna per cambiare mentalità e salvare vite
In vista del 25 luglio, l’Oms ha lanciato la campagna internazionale “La tua storia può salvare vite”, invitando cittadini e famiglie a condividere online le proprie esperienze con l’hashtag #DrowningPrevention.
L’obiettivo è promuovere una nuova consapevolezza collettiva: l’annegamento non è una fatalità inevitabile, ma un evento spesso prevenibile. Occorre quindi investire in educazione civica, attrezzature di sicurezza, percorsi formativi e soprattutto presenza costante di adulti responsabili nei contesti più esposti, come piscine, spiagge, laghi e parchi acquatici.
Solo un impegno diffuso può abbattere quei numeri che ancora oggi raccontano una tragedia silenziosa.