Saper nuotare non è solo una competenza sportiva, ma un vero e proprio strumento di sopravvivenza. Eppure, in Italia, solo un bambino o adolescente su tre sa nuotare in sicurezza, abbastanza da affrontare situazioni di emergenza. Il restante 70% si divide tra chi galleggia, chi si sposta a fatica in avanti e chi riesce a restare a galla solo in piscina. Un dato allarmante che mette a rischio milioni di minori, soprattutto durante la stagione estiva.
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L’impatto sociale degli incidenti in acqua
Le statistiche nazionali parlano chiaro: ogni anno circa 330 persone muoiono per annegamento e in un caso su otto si tratta di bambini o adolescenti. La fascia più vulnerabile è rappresentata dai minori provenienti da famiglie in difficoltà economica o con fragilità sociali, spesso di origine straniera. Sono proprio loro ad avere meno accesso a corsi di nuoto, che in Italia sono per lo più gestiti da realtà private e quindi a pagamento.
Una proposta concreta per la scuola pubblica
Per affrontare questa emergenza silenziosa, emerge una proposta chiara: avviare convenzioni tra scuole pubbliche e piscine locali, pubbliche o private, per inserire corsi di nuoto nel piano scolastico annuale. L’insegnamento del nuoto diverrebbe così parte integrante dell’educazione fisica, proprio come avviene già in altri Paesi europei. Un intervento del genere non solo ridurrebbe il rischio di annegamento, ma favorirebbe anche l’integrazione scolastica e la salute psicofisica degli studenti.
Un'opportunità per l'inclusione e il benessere
Il nuoto non è solo uno sport completo dal punto di vista fisico, ma è anche uno degli sport più amati dai bambini. Portare le lezioni in piscina all’interno del calendario scolastico offrirebbe ai più piccoli un approccio più positivo verso la scuola e consentirebbe ai docenti di scienze motorie di lavorare su competenze reali e salvavita. In più, si rafforzerebbe il senso di comunità e si ridurrebbero le disuguaglianze tra bambini con possibilità economiche diverse.
La sicurezza in acqua è prevenzione primaria
Iniziative come la Giornata internazionale della prevenzione dell'annegamento, promossa dall'Organizzazione mondiale della sanità, puntano i riflettori su un tema spesso trascurato. Ma al di là delle celebrazioni, è fondamentale promuovere una cultura dell'acqua sicura, che inizi proprio dai banchi di scuola. Le spiagge più adatte ai bambini, certificate dalle "Bandiere Verdi" assegnate dai pediatri, non bastano se i piccoli non sono in grado di affrontare le onde o una semplice corrente.
Visite specialistiche e prevenzione mirata: il nuoto come tutti gli sport va praticato in condizioni di buona salute

Inserire il nuoto tra le attività scolastiche richiederebbe anche una maggiore attenzione medica nella fase iniziale, attraverso visite pediatriche preventive che valutino lo stato fisico degli alunni e l'idoneità all'attività acquatica. La medicina preventiva svolge un ruolo essenziale: valutare la funzionalità respiratoria, cardiaca e muscolare consente di personalizzare il percorso sportivo e garantire la sicurezza in vasca. Il controllo periodico durante il ciclo scolastico ridurrebbe anche il rischio di traumi e incidenti legati a patologie non diagnosticate.
Diritto allo sport e alla sicurezza per ogni bambino
Fare del nuoto uno sport scolastico obbligatorio o fortemente incentivato non è solo una questione di educazione, ma di diritto alla vita e alla salute. Ogni bambino dovrebbe poter accedere gratuitamente o con costi minimi a un corso di nuoto sicuro e qualificato. In questo senso, la scuola può diventare protagonista di un cambiamento sociale che metta davvero al centro i bisogni dei più piccoli, soprattutto di chi vive in condizioni difficili.