Parliamo di osteopenia della prematurità (MBDP): una revisione scientifica condotta dall’Università di Catania riaccende l’attenzione su una complicanza spesso trascurata nei neonati prematuri. La condizione, legata a uno sviluppo osseo incompleto e a carenze nutrizionali, coinvolge in particolare i nati prima della 32ª settimana o con un peso inferiore a 1500 grammi.

La novità della revisione sta nell’aver evidenziato non solo i marcatori utili per una diagnosi precoce, ma anche il ruolo centrale della vitamina D come fattore chiave nella protezione dello sviluppo osseo e neurologico nei primi mesi di vita.

Una condizione sottodiagnosticata ma rilevante

L’osteopenia della prematurità si manifesta in modo subdolo: l’assenza di sintomi evidenti o la presenza di segnali poco specifici rendono difficile una diagnosi tempestiva. Alla base del problema vi è l’interruzione precoce del trasferimento placentare di minerali fondamentali come calcio e fosforo, che si verifica soprattutto nell’ultimo trimestre di gravidanza. Il risultato è una ridotta mineralizzazione ossea postnatale, aggravata spesso da deficit nutrizionali, immobilità prolungata e utilizzo di alcuni farmaci.

Nei neonati più fragili, queste carenze possono tradursi in alterazioni della densità ossea, aumento del rischio di fratture e rallentamento della crescita scheletrica.

Indicatori biochimici e tecnologie di supporto

Tra gli strumenti più promettenti per individuare precocemente i neonati a rischio vi sono alcuni parametri biochimici, in particolare la fosfatasi alcalina sierica (ALP) e i livelli di fosforo nel sangue, da monitorare intorno al 15° giorno di vita. Un loro incremento può essere segnale di aumento del turnover osseo, anche in assenza di segni clinici.

Oltre ai marcatori ematici, sta emergendo l’utilità della bioimpedenza elettrica (BIA), una tecnica non invasiva che, pur derivando da metodiche impiegate in età adulta, può fornire informazioni indirette sullo stato muscoloscheletrico neonatale. La BIA rappresenta uno strumento complementare alla valutazione biochimica, utile a guidare precocemente le strategie di integrazione nutrizionale nei prematuri a rischio.

La vitamina D come alleata per ossa e cervello nella prematurità del neonato

La vitamina D come alleata per ossa e cervello nella prematurità del neonato

Elemento chiave nella sintesi e nel mantenimento della massa ossea, la vitamina D regola l’assorbimento intestinale di calcio e fosforo e contribuisce all’equilibrio del metabolismo minerale. Il suo ruolo si estende tuttavia oltre il sistema scheletrico.

L’integrazione della vitamina D in età neonatale, specie nei nati pretermine, può portare benefici sia ossei che neurologici. La revisione sottolinea l’importanza di un’assunzione potenziata rispetto ai neonati a termine, secondo quanto previsto dalle linee guida ESPGHAN, che raccomandano dosi superiori per i neonati di basso peso. La forma somministrabile può essere sia ergocalciferolo (D2) che colecalciferolo (D3), salvo controindicazioni cliniche.

Diversi studi suggeriscono che una somministrazione precoce e adeguata di vitamina D e minerali possa migliorare la mineralizzazione ossea e sostenere un corretto sviluppo, riducendo il rischio di complicanze anche a lungo termine.

Impatto sul neurosviluppo: un legame da approfondire

Sebbene l’associazione tra osteopenia della prematurità e alterazioni neurologiche sia ancora poco indagata, la letteratura recente evidenzia un possibile legame tra bassi livelli di vitamina D nel sangue del cordone ombelicale e un aumentato rischio di ritardo dello sviluppo psicomotorio e deficit cognitivi.

Le proprietà antiossidanti, immunomodulanti e antinfiammatorie della vitamina D sembrano avere un effetto protettivo sulla maturazione neuronale. In particolare, mitigando lo stress ossidativo nei tessuti cerebrali in via di sviluppo, la vitamina D potrebbe contribuire alla prevenzione di disabilità intellettive e favorire un migliore equilibrio neurologico nei neonati pretermine.

Un approccio integrato alla prevenzione

La gestione dell’osteopenia della prematurità richiede un approccio multidisciplinare. Non è sufficiente correggere le carenze una volta che i sintomi si sono manifestati. Occorre agire in prevenzione, sia attraverso la valutazione biochimica precoce, sia tramite la corretta supplementazione di nutrienti essenziali già nelle fasi iniziali della vita, e, quando possibile, durante la gravidanza.

La revisione sottolinea la necessità di migliorare i protocolli diagnostici, definendo intervalli di riferimento specifici per l’età gestazionale e standardizzando l’impiego della BIA come supporto clinico. La disponibilità di strumenti diagnostici rapidi e affidabili può permettere ai neonatologi di intervenire tempestivamente, migliorando la qualità della vita dei neonati prematuri.

Agire già in gravidanza per ridurre i rischi

I dati emersi rafforzano la necessità di potenziare le strategie di prevenzione nei confronti dell’osteopenia della prematurità. In particolare, si evidenzia come l'integrazione di vitamina D non sia utile solo dopo la nascita, ma anche nelle fasi prenatali, offrendo una protezione sia ossea che neurologica.

È quindi fondamentale che le donne in gravidanza, soprattutto se a rischio di parto pretermine, vengano monitorate attraverso screening mirati e supportate con protocolli di integrazione adeguati. Promuovere una corretta supplementazione vitaminica nella fase gestazionale può rappresentare un investimento sulla salute futura del neonato, agendo in prevenzione contro complicanze scheletriche e cognitive.

Una visione integrata e tempestiva della salute neonatale resta il miglior strumento per garantire uno sviluppo armonico e ridurre il peso delle patologie connesse alla prematurità.

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