La Missione 6 dedicata alla salute mostra gravi fragilità a quattro anni dall’avvio del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Pur avendo rispettato le milestone richieste dall’Europa, l’attuazione concreta è ostacolata da ritardi nei cantieri, carenza cronica di personale e forti squilibri territoriali.
L’analisi condotta dall’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) mette in luce criticità che minacciano la piena riuscita del piano: molte strutture sono ancora in costruzione o inattive e, dove completate, faticano a offrire i servizi previsti.
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Investimenti e riforme: cosa prevede la Missione 6

Il finanziamento complessivo della Missione 6 ammonta a 15,63 miliardi di euro, con una parte aggiuntiva inizialmente prevista nel Piano complementare, poi ridimensionata. Gli obiettivi principali sono:
- sviluppo dell’assistenza territoriale con Case e Ospedali di comunità, Centrali operative territoriali e assistenza domiciliare
- digitalizzazione dei servizi sanitari e rafforzamento dei reparti di emergenza-urgenza
- aggiornamento delle apparecchiature e potenziamento delle terapie intensive
- riforma degli IRCCS e promozione della ricerca
Le riforme cardine – il DM 77/2022 sull’assistenza territoriale e il riordino degli IRCCS – sono operative, ma l’effettiva attivazione delle strutture rimane molto distante dagli standard promessi.
Cantieri avviati, ma ancora troppi servizi assenti
Dei 1.038 Case della comunità previste (ridotte dalle 1.350 iniziali), solo 38 sono attualmente collaudate. Per gli Ospedali di comunità, 14 risultano collaudati su 307.
Il divario tra Nord e Sud è evidente: in regioni come il Molise i cantieri non sono nemmeno partiti, mentre in Calabria e Sardegna l’avanzamento è minimo. Anche la spesa lo riflette: il Sud ha impiegato solo una frazione delle risorse assegnate.
Ancora più preoccupante è la mancata attivazione dei servizi: solo il 3% delle strutture offre oggi le prestazioni obbligatorie previste dal decreto ministeriale.
Assistenza domiciliare e telemedicina tra luci e ombre
Sul fronte dell’assistenza domiciliare, l’incremento degli assistiti ha superato il target nazionale, ma i risultati variano fortemente tra le regioni. La Sicilia ha coperto appena l’1% del suo obiettivo, mentre Trento e Umbria lo hanno ampiamente superato.
Nonostante i 2,97 miliardi stanziati, la frequenza delle prestazioni è spesso troppo bassa: si prevede un solo accesso mensile per oltre la metà dei pazienti.
Per quanto riguarda la telemedicina, i progetti sono stati approvati, ma i ritardi accumulati hanno costretto a rivedere gli obiettivi. A oggi, sono previsti meno di 51.000 pazienti assistiti nel 2024 rispetto ai 300.000 inizialmente previsti per il 2025.
Digitalizzazione in affanno tra ritardi e disomogeneità
Anche la digitalizzazione delle strutture ospedaliere procede a rilento. Solo il 21% delle risorse per i Dipartimenti di emergenza-urgenza è stato fatturato, con ampi ritardi in regioni come Abruzzo, Umbria e Marche.
Il Fascicolo sanitario elettronico, nonostante le normative recenti, resta poco funzionale: persistono problemi di interoperabilità tra le piattaforme regionali e ritardi nel caricamento dei dati clinici.
Personale insufficiente, sostenibilità incerta
Il tema centrale resta la carenza di personale. Le nuove strutture previste dal Pnrr richiedono un investimento in risorse umane che ad oggi non è garantito. I fondi disponibili coprono principalmente infrastrutture, non le spese di gestione.
Anche se sono stati stanziati oltre 1,2 miliardi annui per sostenere CdC e OdC, restano difficoltà oggettive nel reperire professionisti: medici, infermieri e specialisti scarseggiano.
Le recenti modifiche normative hanno introdotto maggiore flessibilità nei contratti, ma il Servizio sanitario nazionale fatica ancora ad attrarre nuovi operatori, soprattutto nelle aree interne e meridionali.
Visite specialistiche mirate e prevenzione: perché servono subito nell'ambito del rilancio della sanità territoriale
Le nuove strutture territoriali, se attivate a pieno regime, potrebbero offrire un accesso più rapido a visite specialistiche, migliorando la prevenzione e la gestione precoce di patologie croniche.
Case della comunità e Centrali operative territoriali dovrebbero diventare il primo punto di contatto per la cittadinanza, integrando medicina generale, infermieristica di comunità e consulenze specialistiche.
In questo senso, è fondamentale che siano garantiti servizi essenziali come:
- screening periodici per patologie cardiovascolari, oncologiche e metaboliche
- visite domiciliari per pazienti fragili e cronici
- servizi di supporto psicologico e prevenzione primaria
L’efficacia di questi interventi dipenderà dalla reale presenza di personale e dalla funzionalità dei percorsi diagnostico-terapeutici.
Ultima chiamata per un rilancio reale
Ad oggi, solo 2,8 miliardi su 15,6 sono stati effettivamente spesi. Il grosso della spesa dovrà essere realizzato entro la metà del 2026, un’accelerazione che rischia di scontrarsi con la lentezza strutturale delle opere pubbliche italiane.
Se da un lato le scadenze formali sono raggiungibili, il successo sostanziale – quello che trasformerebbe la sanità pubblica in un sistema più vicino, moderno e accessibile – appare ancora lontano.
Il Pnrr può essere una svolta per il sistema sanitario nazionale, ma solo se sarà accompagnato da una strategia chiara per completare cantieri, attivare servizi e valorizzare le risorse professionali. In caso contrario, il pericolo è di lasciare una rete sanitaria incompleta e disomogenea, con strutture nuove ma vuote di contenuti e funzioni.