La pelle, principale organo di difesa del corpo umano, è sempre più esposta agli effetti nocivi del cambiamento climatico e dell’inquinamento atmosferico. L’alterazione delle temperature stagionali, l’innalzamento della concentrazione di sostanze tossiche nell’aria e l’intensificarsi degli eventi meteo estremi stanno generando nuove sfide per la dermatologia. A evidenziarlo sono gli specialisti della Società Italiana di Dermatologia (Sidemast) che, in vista del Congresso Nazionale Special Edition 2025, sottolineano con forza l’urgenza di un approccio sistemico alla prevenzione e cura delle malattie cutanee legate all’ambiente.

Riscaldamento globale e radiazioni UV: un mix pericoloso per la pelle

L’aumento delle temperature e la riduzione dello strato di ozono stanno potenziando l’effetto dannoso dei raggi ultravioletti. Le scottature solari diventano più frequenti, l’invecchiamento cutaneo si accelera e, soprattutto, cresce il rischio di sviluppare tumori cutanei. Anche una riduzione minima del livello di ozono, dell’1% ad esempio, può causare un aumento tra l’1 e il 2% dei melanomi, fino al 4,6% dei carcinomi squamocellulari e del 2,7% dei carcinomi basocellulari.

Inquinamento atmosferico e danni cutanei cronici

Non solo i polmoni, anche la pelle risente pesantemente dell’inquinamento urbano. L’aumento delle polveri sottili, dei metalli pesanti e delle sostanze tossiche sospese nell’aria compromette la barriera cutanea, favorendo la comparsa di acne, eczema e dermatiti croniche. L’esposizione prolungata al particolato atmosferico genera infiammazione persistente e aumenta la vulnerabilità alle infezioni.

Eventi climatici estremi: impatto su infezioni e infiammazioni cutanee

Gli episodi meteorologici estremi come alluvioni e ondate di calore comportano un incremento diretto delle patologie infiammatorie e infettive della pelle. L’aumento dell’umidità e delle precipitazioni favorisce la proliferazione di muffe e acari, aggravando quadri clinici preesistenti come dermatite atopica e psoriasi. Le fasce più colpite sono quelle vulnerabili, in particolare i bambini: si stima che la dermatite atopica interessi dal 5 al 20% dei piccoli, con picchi di ricoveri d’urgenza fino al 31% dopo fenomeni climatici violenti.

Anche il freddo estremo lascia il segno sulla pelle

Le temperature troppo basse non sono meno pericolose. Quando i valori scendono sotto lo zero, l’incidenza di disturbi cutanei come la dermatite atopica cresce in modo rilevante. Dati provenienti da studi internazionali indicano un aumento del 160% delle visite dermatologiche in condizioni di freddo estremo rispetto a climi più miti. Il clima rigido agisce sulla pelle sottraendo umidità, compromettendone l’integrità e facilitando la comparsa di fissurazioni, secchezza e infiammazioni.

Accesso all’acqua sicura: un problema anche dermatologico

Un ulteriore effetto del cambiamento climatico è la ridotta disponibilità di acqua pulita in molte aree del mondo, che ha dirette conseguenze sull’igiene personale e sulla salute della pelle. La mancanza di accesso all’acqua potabile favorisce la comparsa di infezioni cutanee e complica la gestione delle patologie già presenti. Anche per chi vive in contesti urbani occidentali, la qualità dell’acqua può rappresentare una variabile importante da tenere sotto controllo.

Visite specialistiche mirate e prevenzione: il ruolo centrale della dermatologia ambientale nella cura della nostra pelle

Visite specialistiche mirate e prevenzione: il ruolo centrale della dermatologia ambientale nella cura della nostra pelle

In un contesto in cui le condizioni ambientali influiscono in modo sempre più diretto sulla salute della pelle, diventa cruciale sottoporsi a visite dermatologiche periodiche. Sintomi come prurito persistente, desquamazioni insolite, eruzioni cutanee ricorrenti o cambiamenti improvvisi nei nei vanno indagati con attenzione. Senza dimenticare che anche lo stress della vita di tutti giorni è un nemico silenzioso da non sottovalutare. I dermatologi sono in grado di identificare eventuali correlazioni con fattori ambientali e proporre trattamenti mirati o modifiche dello stile di vita. Le campagne di prevenzione, l’informazione e la formazione dei cittadini sull’uso corretto della protezione solare e su comportamenti anti-inquinamento rappresentano strumenti fondamentali per ridurre i rischi a lungo termine.

Serve un approccio integrato tra salute, ambiente e ricerca

Gli specialisti lanciano un appello alle istituzioni e alla comunità scientifica affinché vengano attivati programmi di ricerca interdisciplinari capaci di monitorare l’impatto ambientale sulla salute della pelle. “È necessario – spiegano gli esperti – promuovere l’educazione su come proteggere la pelle in un’epoca segnata da cambiamenti climatici drammatici”. Solo una strategia condivisa e basata sull’evidenza scientifica può offrire risposte concrete all’aumento dei tumori cutanei, delle allergie e delle malattie infiammatorie indotte dall’ambiente.

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