La sanità italiana soffre una profonda carenza di infermieri. Secondo le stime ufficiali, mancano all'appello almeno 65.000 infermieri, ma il numero reale potrebbe essere anche più alto, se si considerano le strutture sanitarie che operano fuori dal perimetro del sistema sanitario nazionale. A lanciare l'allarme è Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche (Fnopi), intervenuta a Cernusco sul Naviglio in occasione di un convegno dedicato alla centralità del ruolo dell’infermiere in psichiatria.

Serve una guida centrale con poteri straordinari

Per affrontare in modo efficace una crisi ormai strutturale, Mangiacavalli propone la nomina di un commissario nazionale con pieni poteri, capace di coordinare azioni rapide e incisive. La carenza non riguarda solo una specifica area geografica o settore, ma tocca in modo trasversale ospedali, strutture territoriali, servizi psichiatrici e centri riabilitativi. Un problema che si è acuito negli ultimi anni e che richiede soluzioni concrete e urgenti.

Infermieri oggi: la professione non attrae più i giovani

Infermieri oggi: la professione non attrae più i giovani

Tra i fattori che alimentano il divario tra domanda e offerta c'è un calo di interesse da parte delle nuove generazioni verso la professione infermieristica. “Esiste un problema di attrattività – ha spiegato Mangiacavalli – dovuto a molteplici cause: la riduzione demografica, la concorrenza tra corsi universitari nel settore sanitario e una percezione della professione ancora troppo legata a ruoli marginali”. A ciò si aggiunge il fatto che, soprattutto nelle università del Nord Italia, molti posti nei corsi di laurea in infermieristica restano vacanti, a differenza di altre discipline come fisioterapia o medicina che continuano a registrare un elevato numero di candidati.

Ripensare i modelli per valorizzare le competenze

Una delle chiavi per invertire la tendenza è la riforma dei modelli organizzativi e della struttura professionale. Mangiacavalli sottolinea la necessità di puntare su competenze specialistiche e avanzate, in particolare nelle aree più complesse della cura come la psichiatria, l’oncologia e la terapia intensiva. Occorre superare le barriere burocratiche che limitano l’autonomia degli infermieri e promuovere sinergie tra settore pubblico e privato, in modo da offrire percorsi di carriera attrattivi e realmente spendibili nel mercato del lavoro.

Il ruolo dell’infermiere in psichiatria

Il convegno di Cernusco ha posto al centro della discussione proprio il ruolo dell’infermiere in ambito psichiatrico, un settore in cui la carenza di personale si fa sentire in modo particolarmente acuto. La sede scelta per l’incontro – il Centro S.Ambrogio dei Fatebenefratelli – è significativa: questa struttura rappresenta l’11% dell’offerta di riabilitazione psichiatrica della Lombardia, regione che storicamente ha cercato di regolamentare il settore attraverso un’organizzazione capillare delle comunità terapeutiche.

Un sistema psichiatrico da aggiornare

Nel corso del dibattito, il direttore della struttura Samuele Rossoni ha evidenziato come la riforma Basaglia, seppur rivoluzionaria nel suo tempo, risalga ormai a oltre quarant’anni fa. “Ha cambiato il concetto di salute mentale, ma è necessario riconoscerne i limiti e aggiornare i modelli di presa in carico”, ha affermato. Sulla stessa linea il direttore sanitario Gian Marco Giobbio, che ha ricordato come la Lombardia abbia dato un assetto normativo alle comunità psichiatriche e riabilitative già nel 2007, ma che dopo vent’anni i bisogni del territorio siano profondamente mutati.

Una crisi strutturale con ricadute quotidiane

La mancanza di personale infermieristico non è più una questione emergenziale ma una crisi strutturale, con effetti quotidiani sulla qualità dell’assistenza e sulla tenuta del sistema sanitario. Turni massacranti, stress professionale, difficoltà nel garantire continuità assistenziale e un progressivo abbandono della professione da parte di operatori esperti sono solo alcune delle conseguenze più evidenti. In un simile contesto, è sempre più difficile mantenere standard elevati di cura, soprattutto nei reparti più delicati.

La sfida delle competenze avanzate

Uno dei nodi centrali su cui lavorare è la valorizzazione delle competenze avanzate. Gli infermieri devono poter assumere un ruolo più ampio nella gestione clinica, nel coordinamento dei percorsi di cura e nella relazione con il paziente. Per farlo, però, servono percorsi formativi ad hoc, riconoscimento normativo delle specializzazioni e un sistema di progressione di carriera che sia chiaro e meritocratico.

Un sistema da riformare in chiave moderna

Cambiare i modelli significa anche ripensare l’intera architettura del lavoro infermieristico. Non si tratta solo di assumere nuovi professionisti, ma di ridefinire il ruolo dell’infermiere all'interno dei percorsi di cura, creando le condizioni per una reale autonomia professionale. Il lavoro in team multidisciplinari, il supporto psicologico al personale, la digitalizzazione delle procedure e l'integrazione tra servizi sono alcuni dei pilastri su cui costruire una nuova visione della professione.

Conclusioni: agire ora per evitare il collasso

Il messaggio emerso dal convegno è chiaro: non c'è più tempo da perdere. La carenza di infermieri non può essere affrontata con misure isolate o interventi di breve periodo. Serve una strategia nazionale forte, guidata da una regia centralizzata, che sappia combinare assun

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