Affrontare l’obesità non significa soltanto intervenire quando il problema è conclamato. La vera sfida è riconoscere i segnali precoci, già durante l’infanzia e l’adolescenza, quando modificare il comportamento può davvero fare la differenza. È questo il messaggio lanciato durante la presentazione di un’indagine conoscitiva promossa dalla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, che si è svolta a Roma e ha acceso i riflettori su un tema sempre più urgente: i disturbi alimentari nei giovani e le strategie di prevenzione, con un focus specifico sull’obesità.

I campanelli d’allarme da non ignorare

Secondo gli esperti, la possibilità di un intervento efficace passa dalla capacità di intercettare alcuni segnali comportamentali. Tra questi: alimentazione eccessiva o troppo limitata, iperattività fisica, presenza di disturbi d’ansia, scarsa autostima, isolamento sociale. Elementi che, se osservati e compresi in tempo, possono facilitare l’accesso a percorsi di aiuto mirati per i ragazzi, ma anche coinvolgere le persone che li circondano, dai genitori agli insegnanti.

Lo ha sottolineato Luca Bernardo, direttore del Centro per il disagio adolescenziale dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano, che ha evidenziato come una presa in carico precoce sia fondamentale per interrompere la progressione del disturbo prima che si trasformi in patologia cronica.

Un paese longevo ma non in salute

L’Italia è tra le nazioni con l’aspettativa di vita più alta al mondo, ma la durata della vita in salute sta progressivamente diminuendo. Un paradosso che preoccupa: le persone vivono più a lungo, ma con più malattie. E spesso con patologie multiple, come diabete, obesità, disturbi cardiovascolari ed endocrino-metabolici, che iniziano a manifestarsi già dopo i 45 anni.

Marco Silano, direttore del Dipartimento malattie croniche dell’Istituto Superiore di Sanità, ha ribadito come la vera arma per contrastare questo scenario sia la prevenzione precoce. Interventi tempestivi fin dalla gravidanza e nei primissimi mesi di vita, come la promozione dell’allattamento materno, possono ridurre il rischio futuro di obesità e delle sue complicanze.

Allattamento e prevenzione: Italia a due velocità

Proprio sull’allattamento materno, Silano ha evidenziato come in Italia esistano forti disuguaglianze territoriali. Le regioni del Nord registrano una maggiore adesione a comportamenti salutari rispetto al Sud, dove si osservano tassi più elevati di obesità infantile e sovrappeso, e una minore aspettativa di vita in salute.

Anche la prevalenza del diabete di tipo 2, strettamente legato all’obesità, risulta più alta nelle aree economicamente svantaggiate. Secondo Silano, esiste una correlazione diretta tra benessere economico e salute: al crescere del PIL regionale, diminuisce la prevalenza dell’obesità e delle sue conseguenze.

Il ruolo delle disuguaglianze economiche e sociali

La prevenzione dell’obesità si intreccia inevitabilmente con le condizioni socio-economiche. In contesti di fragilità economica, l’accesso a cibo sano, attività fisica strutturata e informazioni corrette risulta spesso limitato. È proprio in questi ambienti che i rischi per la salute aumentano e diventano più difficili da gestire sul lungo periodo.

Serve dunque una strategia complessiva, capace di affrontare le radici sociali della malattia, non solo i suoi sintomi. Politiche pubbliche ben strutturate possono riequilibrare le disparità, promuovendo stili di vita salutari su tutto il territorio nazionale.

Le politiche da mettere in campo

Nel suo intervento, Silano ha tracciato una serie di interventi concreti per la prevenzione, indicando la strada che le istituzioni dovrebbero seguire. Tra le misure più urgenti:

  • Regolamentare il marketing dei prodotti alimentari rivolti ai bambini, per ridurre l’esposizione a messaggi che promuovono il consumo di alimenti ipercalorici.
  • Riformulare i prodotti, abbassando il contenuto di zuccheri, grassi e le dimensioni delle porzioni.
  • Investire nell’educazione alimentare, a partire dalla scuola dell’infanzia, integrando le nozioni anche nel contesto familiare.
  • Promuovere l’attività fisica, incentivando pratiche quotidiane e accessibili per tutti, come camminare o usare la bicicletta.
  • Utilizzare strumenti digitali: app e piattaforme possono diventare alleati nella lotta all’obesità, offrendo monitoraggio, consigli personalizzati e supporto psicologico.
  • Attuare politiche fiscali che disincentivino l’acquisto di cibi poco salutari e incentivino invece l’accesso a prodotti freschi e nutrienti.

Agire ora per evitare costi futuri

I numeri parlano chiaro: l’obesità non è solo un problema sanitario, ma ha ricadute economiche e sociali rilevanti. Un paziente obeso è più esposto a complicazioni, ospedalizzazioni e comorbidità che richiedono risorse crescenti al sistema sanitario. Intervenire tardi significa aumentare i costi per il Servizio Sanitario Nazionale, le famiglie e l’intero tessuto sociale.

Una prevenzione efficace, compresa la necessitò di ricorrere a esami diagnostici mirati, invece, produce benefici a lungo termine, migliorando la qualità della vita delle persone e alleggerendo il carico sulle strutture sanitarie.

L’obesità non è destino, ma un percorso modificabile

L’obesità non è destino, ma un percorso modificabile

Il messaggio che emerge dalla giornata romana è chiaro: l’obesità non è inevitabile, e i segnali per prevenirla spesso compaiono molto prima di quanto si pensi. Basta saperli leggere e reagire in modo coordinato, con il supporto di famiglie, scuola, operatori sanitari e istituzioni.

Cambiare rotta è possibile, ma richiede una visione comune e una volontà politica solida, capace di mettere la salute dei giovani al centro delle scelte pubbliche. Solo così si potrà garantire alle nuove generazioni non solo una vita lunga, ma anche una vita in salute.

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