Esiste un pericloso legame tra obesità e demenza precoce, anche in età giovanile. Un girovita troppo ampio, il colesterolo alto, la pressione elevata o un fegato che accumula grassi non sono soltanto segnali da tenere sotto controllo per evitare infarti o diabete. Oggi, sempre più chiaramente, emergono anche come campanelli d’allarme per la salute del cervello. Un ampio studio recente ha mostrato come la sindrome metabolica possa moltiplicare le probabilità di sviluppare una forma precoce di demenza, già prima dei 60 anni.

La sindrome metabolica colpisce anche i più giovani

Per la prima volta, una ricerca ha evidenziato la connessione tra sindrome metabolica e demenza non soltanto in età avanzata, ma anche nei soggetti tra i 40 e i 60 anni. Chi presenta tre o più dei fattori caratteristici della sindrome (vita larga, ipertensione, glicemia alta, trigliceridi elevati, colesterolo Hdl basso) ha un rischio otto volte superiore rispetto alla media di ammalarsi precocemente di demenza, soprattutto le donne.

Secondo i dati analizzati, uno su quattro tra quasi due milioni di persone tra i 40 e i 60 anni che avevano effettuato controlli sanitari periodici presentava già questa condizione. Con l’aumentare del numero di fattori coinvolti nella sindrome, cresce anche il rischio: l’effetto è cumulativo.

Una condizione comune ma sottovalutata

La sindrome metabolica è un disturbo complesso, originato principalmente dalla resistenza all’insulina. Questo significa che gli organi non rispondono più correttamente a questo ormone, necessario a regolare il glucosio nel sangue. Il risultato è un circolo vizioso: il pancreas produce più insulina, ma il corpo non riesce comunque a gestire correttamente lo zucchero. Questo squilibrio favorisce obesità, diabete tipo 2, problemi epatici e malattie cardiovascolari.

Uno dei rimedi più efficaci per prevenire questo tipo di resistenza è l’attività fisica costante. L’esercizio regolare migliora la sensibilità all’insulina, riduce la massa grassa, rafforza quella muscolare e diminuisce lo stato infiammatorio che può aggravare la situazione.

Il cervello paga il prezzo degli scompensi: obesità e demenza legati da un filo sottilissimo

Il cervello paga il prezzo degli scompensi: obesità e demenza legati da un filo sottilissimo

Le conseguenze sul cervello sono ora sempre più chiare. In chi è affetto da sindrome metabolica aumentano le probabilità di sviluppare sia la demenza vascolare, legata in particolare alla pressione alta, sia quella di tipo Alzheimer, nella quale giocano un ruolo chiave iperglicemia e stress ossidativo. La durata dell’esposizione a questi fattori conta: quanto più a lungo si resta “fuori equilibrio”, tanto più cresce il rischio di danni cerebrali.

Fegato grasso: una minaccia silenziosa

Tra gli organi più colpiti c’è il fegato. In presenza di sindrome metabolica, è molto frequente lo sviluppo di steatosi epatica, nota come “fegato grasso”. Si tratta di un accumulo di cellule adipose che può innescare un processo infiammatorio cronico e portare, nel tempo, alla fibrosi epatica. Questo tessuto cicatriziale rende il fegato rigido e meno efficiente.

Attualmente, la steatosi colpisce circa una persona su tre. Con il progressivo calo delle epatiti virali, è destinata a diventare la prima causa di trapianto di fegato. Le cure oggi si concentrano anche su questo fronte, con terapie che mirano a ridurre sia il grasso in eccesso sia l’infiammazione, come alcuni farmaci già utilizzati per l’obesità che hanno mostrato efficacia anche sulla salute epatica.

Visite specialistiche mirate e prevenzione attiva

Per prevenire danni gravi è fondamentale sottoporsi a controlli regolari. Misurare la circonferenza addominale, controllare la pressione, la glicemia e il profilo lipidico sono passaggi fondamentali, già a partire dai 40 anni. Se vengono riscontrati uno o più fattori di rischio, è importante agire subito: tornare a valori nella norma può ridurre significativamente il pericolo.

Per chi è in sovrappeso o ha il sospetto di soffrire di fegato grasso, è consigliabile un’ecografia e, se necessario, una elastografia epatica (fibroscan) per valutare lo stato del fegato in modo non invasivo.

La diagnosi precoce della sindrome metabolica consente di mettere in atto cambiamenti radicali nello stile di vita, l’unica vera arma efficace per prevenire danni a lungo termine non solo al cuore o al fegato, ma anche al cervello.

Uno stile di vita sano come terapia e prevenzione

Il modo più efficace per affrontare la sindrome metabolica resta un cambiamento dello stile di vita. Alimentazione equilibrata, attività fisica regolare, gestione dello stress, eliminazione del fumo e controllo del peso sono i cardini di un approccio preventivo e terapeutico.

Un’alimentazione ricca di fibre, povera di zuccheri semplici e grassi saturi può aiutare a ridurre la glicemia e il colesterolo. L’attività fisica – anche moderata ma costante – ha effetti positivi su tutti i parametri metabolici e contribuisce a migliorare la qualità della vita, oltre che ridurre l’infiammazione cronica che favorisce lo sviluppo delle patologie collegate alla sindrome metabolica.

Il cervello si protegge anche a tavola e in palestra

I dati oggi disponibili non lasciano spazio a dubbi: la sindrome metabolica non è solo un problema estetico o cardiovascolare. Ha effetti importanti anche sul cervello e può aumentare in modo esponenziale il rischio di demenza precoce.

Agire tempestivamente, adottando uno stile di vita sano e monitorando i parametri fondamentali della propria salute metabolica, è l’unico modo per proteggere anche la mente. Un corpo in equilibrio è la miglior difesa per un cervello lucido, attivo e resistente nel tempo.

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