Le donne portatrici sane di mutazione BRCA 1 o BRCA 2 dovrebbero valutare seriamente di rimuovere preventivamente seni, tube o ovaie. Si tratta di una strategia già consolidata. Ma oggi è chiaro che questi interventi chirurgici riducono drasticamente anche il rischio di recidiva e mortalità in chi ha già affrontato un tumore al seno in giovane età. Per la prima volta, un’analisi su scala globale ha misurato con precisione i vantaggi della mastectomia bilaterale e della rimozione di annessi ovarici anche dopo la diagnosi, indicando una nuova direzione clinica per la gestione di queste pazienti.

Chi sono le pazienti BRCA mutate

Chi sono le pazienti BRCA mutate

Le donne portatrici delle mutazioni BRCA 1 e BRCA 2 hanno una predisposizione genetica che le espone a un rischio molto elevato di sviluppare tumori della mammella e dell’ovaio, spesso in età precoce. Il rischio di carcinoma mammario può arrivare al 70%, quello ovarico al 45%. In questi casi, la malattia si presenta spesso prima dei 40 anni, in piena età fertile, con ricadute dirette su qualità di vita, fertilità e possibilità riproduttive. Fino a oggi, le opzioni chirurgiche preventive erano offerte in modo selettivo, più frequentemente a chi non aveva ancora ricevuto diagnosi oncologica. Ma le nuove evidenze cambiano il quadro.

I numeri dello studio globale

Sono state oltre 5.000 le pazienti under 40 con mutazione BRCA e pregressa diagnosi di tumore al seno coinvolte in un’indagine durata vent’anni. Tra queste, più di 2.900 donne si sono sottoposte a mastectomia bilaterale preventiva e quasi 2.800 alla rimozione di ovaie e tube. Un sottogruppo ha scelto entrambe le procedure, mentre una parte delle pazienti non ha optato per alcun intervento chirurgico. A distanza di quasi un decennio, i dati hanno mostrato una riduzione netta del rischio di recidiva e di mortalità, confermando il valore protettivo degli interventi.

Mastectomia e ovariectomia: gli effetti sulla sopravvivenza

Nel dettaglio, la mastectomia bilaterale ha permesso di ridurre la mortalità del 35% e il rischio di recidiva o sviluppo di nuovi tumori del 42%. Anche l’asportazione di tube e ovaie ha avuto un impatto significativo: mortalità ridotta del 42% e recidive abbattute del 32%. Questi numeri mostrano che le strategie chirurgiche non sono da considerare solo nella fase prediagnostica, ma vanno integrate nei percorsi di cura anche dopo la prima malattia, in modo proattivo e tempestivo.

Cambia l’approccio clinico

Finora, in assenza di dati solidi, le linee guida prevedevano un approccio prudente: valutazione individuale, chirurgia conservativa e sorveglianza attiva. Ora l’evidenza quantitativa rovescia il paradigma: le donne giovani con tumore BRCA correlato possono trarre beneficio clinico evidente da un intervento preventivo, che non è più solo una possibilità ma una concreta opzione di gestione del rischio. Non si tratta solo di curare, ma di impedire che il tumore torni o si ripresenti altrove.

Il ruolo cruciale degli esami diagnostici mirati

In questo contesto, la diagnosi precoce e la stratificazione del rischio diventano centrali. Non è solo la mutazione BRCA a dover essere rilevata: servono esami genetici estesi, profili molecolari completi e strumenti di valutazione personalizzata. L’identificazione precoce delle mutazioni è il primo passo, ma va accompagnata da un’indagine completa ed esami diagnostici mirati su tutti i fattori clinici e biologici in grado di incidere sul decorso della malattia. Biomarcatori, test predittivi e imaging avanzato possono aiutare a decidere tempi, modalità e priorità degli interventi chirurgici.

L’integrazione tra genetica, oncologia e diagnostica avanzata permette di costruire percorsi realmente personalizzati. Per le pazienti molto giovani, questo significa anche considerare gli effetti a lungo termine degli interventi: menopausa precoce, infertilità, impatto psicologico. Gli esami diagnostici non servono solo a decidere se intervenire, ma anche come farlo, su quali tempi e con quale supporto successivo.

Fertilità e qualità della vita: una bilancia delicata

In pazienti sotto i 40 anni, la chirurgia preventiva comporta costi biologici significativi. L’asportazione di ovaie e tube porta a una menopausa chirurgica anticipata. La mastectomia bilaterale impatta sul vissuto corporeo e sull’identità. La decisione di intervenire va dunque sempre accompagnata da una consulenza specialistica completa, che includa valutazione riproduttiva, supporto psicologico, informazione chiara e continuativa. Ogni scelta deve essere consapevole, ponderata e costruita intorno alla singola paziente.

La prospettiva: nuove linee guida in arrivo

I risultati ottenuti aprono la strada a una revisione delle linee guida. Le strategie chirurgiche non dovranno più essere viste come ipotesi residuali, ma come opzioni concrete anche per chi ha già affrontato un primo tumore. La valutazione precoce della mutazione BRCA, unita a un piano chirurgico e diagnostico strutturato, diventa quindi una componente fondamentale nella gestione integrata delle pazienti ad alto rischio.

Verso un nuovo standard di cura

Questa svolta clinica segna un cambio di passo importante: non si guarda solo alla cura, ma alla prevenzione attiva di recidive e nuove insorgenze. Il trattamento del tumore BRCA correlato non si esaurisce con la terapia oncologica, ma continua con un controllo mirato, chirurgico e personalizzato. Non tutte le pazienti sceglieranno l’intervento, ma tutte devono poter contare su informazioni solide, percorsi coordinati e diagnosi puntuali. È così che la medicina preventiva diventa reale, concreta e finalmente misurabile nei suoi effetti.

Diagnostica

Obesi e Claustrofobici


Diagnostica

Nobiliore


Diagnostica

Tiburtina


Diagnostica

Nobiliore Donna


Emergenze sanitarie: ecco il piano ECDC per una risposta efficace
Riparte la campagna nazionale di prevenzione cardiovascolare “Truck Tour Banca del Cuore 2024-2025”
Torna in alto