“Dobbiamo rendere nuovamente più facile e attrattivo fare il medico di famiglia. C’è una crisi vocazionale evidente, i concorsi attuali, svolti ancora su base regionale, non vedono una partecipazione ampia. È il momento di intervenire in modo strutturale.” Così il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha aperto il suo intervento al Healthcare & Pharma Talk di RCS Academy, dove è intervenuto in collegamento e ha dialogato con il direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana. Secondo il ministro, la figura del medico di medicina generale è centrale per il Servizio sanitario nazionale: “Rappresentano il primo punto di contatto tra cittadini e Ssn. Non possiamo permettere che questo ruolo si svuoti di attrattività o resti privo di prospettive.”

Scuola di specializzazione su base nazionale: una svolta necessaria

Al centro dell’idea riformatrice del Ministero, una nuova scuola di specializzazione universitaria su base nazionale, in sostituzione degli attuali percorsi regionali. L’obiettivo è duplice: aumentare la qualità formativa e uniformare l’accesso alla professione su tutto il territorio italiano, riducendo squilibri e disparità tra regioni. La frammentazione attuale, ha spiegato Schillaci, non risponde più alle esigenze del sistema sanitario moderno né ai bisogni dei pazienti: “Serve una formazione più integrata e centralizzata, in linea con i cambiamenti strutturali in atto, soprattutto quelli legati al Pnrr.”

Medici dentro le Case di comunità: cambia il paradigma

Una parte cruciale della trasformazione riguarda il ruolo attivo del medico di famiglia nelle nuove strutture della medicina del territorio, le cosiddette Case di comunità. “Credo sia fondamentale – ha detto Schillaci – che i medici di medicina generale passino una parte del loro tempo all’interno di queste strutture, previste dal Pnrr, dove operano team multidisciplinari.” Secondo il ministro, la medicina di prossimità deve diventare il vero motore dell’assistenza sanitaria del futuro, soprattutto per rispondere in modo integrato e tempestivo ai bisogni dei cittadini più fragili, cronici e anziani. “La presenza del medico di famiglia in queste strutture è indispensabile per costruire continuità assistenziale, collaborazione tra professionisti e prossimità nei servizi.”

Libera professione o dipendenza: la scelta al medico di famiglia

Libera professione o dipendenza: la scelta al medico di famiglia

Uno dei punti più discussi nel dibattito sulla riforma è il tipo di contratto per i medici di medicina generale. Attualmente sono liberi professionisti convenzionati con il Ssn, ma Schillaci apre a una possibilità alternativa: “Credo sia giusto che i medici possano scegliere. Chi vuole restare libero professionista potrà farlo, ma chi preferisce la dipendenza pubblica deve avere questa possibilità.” Il messaggio è chiaro: nessuna imposizione, ma un sistema più flessibile, capace di rispondere alle diverse esigenze dei professionisti. Una via intermedia che potrebbe risolvere anche le difficoltà legate al ricambio generazionale e alla carenza di medici disponibili per la medicina territoriale.

Prevenzione e diagnosi: servono visite specialistiche integrate

Il potenziamento della medicina del territorio, ha ricordato il ministro, non riguarda solo il medico di base ma anche l’accesso facilitato alle visite specialistiche, integrando il lavoro dei medici di famiglia con quello degli specialisti in modo coordinato e tempestivo. La presa in carico dei pazienti fragili e cronici, ha sottolineato, deve partire dal riconoscimento precoce dei sintomi e da percorsi di prevenzione strutturati. Le Case di comunità, in questo senso, diventano luoghi in cui diagnosi, cura e prevenzione si incontrano, evitando ritardi, duplicazioni di esami o visite inutili. Tra i principali sintomi da monitorare nella medicina di base: affaticamento persistente, calo ponderale inspiegato, dolore toracico, alterazioni dell’appetito, febbre ricorrente, comparsa di noduli, disturbi dell’umore e problemi cognitivi. Segnali che, se intercettati presto dal medico di base e approfonditi dallo specialista, possono cambiare radicalmente il decorso della malattia.

Il nodo della vocazione: rilanciare il valore sociale della professione

Schillaci ha posto l’accento anche sulla necessità di restituire dignità, ruolo e prestigio alla medicina generale: “Oggi è meno attrattiva perché si è persa la percezione del suo valore. Eppure, questi professionisti sono il volto quotidiano del nostro Ssn. La loro relazione con i pazienti è insostituibile.” Il rischio, ha avvertito, è che senza interventi strutturali la crisi vocazionale si aggravi, lasciando interi territori sguarniti. Per questo la riforma deve essere anche culturale, oltre che organizzativa, e passare da una narrazione nuova della figura del medico di famiglia, oggi più che mai strategica.

Prossimi passi: tempi brevi per le decisioni operative

Il ministro ha assicurato che il lavoro per definire la riforma è già in corso e sarà finalizzato in tempi rapidi: “Ci aspettiamo la massima collaborazione dai medici di medicina generale, per continuare a garantire ciò che hanno sempre fatto negli anni. Abbiamo bisogno di una soluzione operativa a breve, nell’interesse dei cittadini, dei malati e dei fragili.” Un messaggio diretto, che mira a costruire un nuovo patto tra professionisti della sanità e istituzioni. Il punto di partenza, secondo Schillaci, è l’ascolto delle esigenze reali di chi lavora ogni giorno sul territorio e di chi ha bisogno di cure tempestive e di qualità, vicino a casa.

Tra riforma e responsabilità condivisa

Il percorso verso la nuova medicina territoriale delineato da Schillaci chiama in causa tutte le componenti del sistema sanitario, ma parte da un dato essenziale: rafforzare la medicina di famiglia significa rafforzare l’intero Ssn. Più formazione, più presenza nelle strutture territoriali, più libertà contrattuale e maggiore integrazione con gli altri professionisti sono le direttrici indicate. Resta il tema del tempo: il cambiamento non può attendere, e la crisi di vocazioni, insieme all’invecchiamento della popolazione, rendono urgente un nuovo modello operativo e formativo. In gioco c’è l’efficienza del sistema, ma soprattutto la qualità e l’equità dell’assistenza sanitaria per tutti i cittadini.

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