Gli italiani continuano a essere uno dei popoli più longevi d'Europa ma non è tutto oro quello che luccica. L’Italia continua a registrare una speranza di vita tra le più alte in Europa, ma questo non si traduce in una reale qualità della salute. Il quadro che emerge dal Rapporto SDGs 2025 curato dall’Istat, focalizzato sull’Obiettivo 3 dell’Agenda 2030 ("Salute e benessere"), mostra progressi minimi e troppo disomogenei. La lentezza nei miglioramenti si lega a fragilità strutturali che rendono il sistema sanitario poco sostenibile nel lungo periodo.
Nel 2024, la speranza di vita alla nascita si è attestata a 83,4 anni, con un aumento di 0,4 anni rispetto al 2023. Le donne vivono in media quattro anni in più degli uomini (85,5 contro 81,4). Tuttavia, questo dato positivo è oscurato da un altro ben più critico: la speranza di vita in buona salute si ferma a 58,1 anni, con una forbice di genere anch’essa significativa (59,8 per gli uomini, 56,6 per le donne). La discrepanza tra longevità e benessere indica una diffusa incidenza di patologie croniche che non vengono affrontate in modo efficace o tempestivo.
Parliamo di:
Crisi delle cronicità e prevenzione insufficiente
Le malattie croniche non trasmissibili – come cardiovascolari, tumori, diabete e malattie respiratorie – continuano a rappresentare la maggiore causa di morte prematura nel nostro Paese. Secondo i dati del 2022, la probabilità di morire tra i 30 e i 69 anni per queste patologie è pari all’8,2%, con una netta differenza di genere: 10,1% negli uomini e 6,4% nelle donne. Questo dato è rimasto pressoché stabile rispetto agli anni precedenti, segno che le strategie di prevenzione non stanno producendo i risultati sperati.
Accesso diseguale alla salute riproduttiva
Emergono forti disuguaglianze anche nei dati sulla salute riproduttiva. Il tasso di fecondità tra le adolescenti (15-19 anni) è di 13,6 nati ogni mille giovani donne, ma la media nazionale nasconde disparità territoriali notevoli. Nelle regioni del Nord-Est si scende a 8,6 nati, mentre nelle Isole si arriva a 30,1: quasi quattro volte tanto. La forbice evidenzia un accesso non omogeneo a servizi consultoriali e programmi educativi, con ricadute importanti sul piano sociale e sanitario.
Cresce la domanda di supporto psicologico
Il rapporto segnala anche un incremento costante della richiesta di assistenza psicologica, soprattutto tra minori e giovani adulti. Tuttavia, l’offerta pubblica resta insufficiente. Le strutture sanitarie dedicate alla salute mentale sono ancora sottodimensionate rispetto al bisogno reale, e le diseguaglianze sociali e territoriali aggravano l’accesso ai trattamenti precoci. Questo squilibrio rischia di amplificare disturbi mentali già in crescita, lasciando intere fasce della popolazione senza un supporto adeguato.
Altri fattori critici: vaccini, incidenti stradali e ospedali
Tra gli altri indicatori sanitari negativi, il Rapporto SDGs 2025 evidenzia:
- un andamento altalenante delle coperture vaccinali, in particolare per alcune fasce d’età e patologie;
- una mortalità da incidenti stradali pari a 4,9 decessi ogni 100.000 abitanti, con un rischio circa quattro volte più elevato per gli uomini rispetto alle donne;
- una dotazione ospedaliera disomogenea, con un numero di posti letto particolarmente basso nel Sud Italia, dove si concentrano anche le carenze strutturali più gravi.
Frenata sugli obiettivi dell’Agenda 2030
Il monitoraggio mostra che il 40% degli indicatori sanitari relativi al Goal 3 ha subito un peggioramento rispetto all’anno precedente. Questo dato conferma l’inefficacia di molte delle strategie attualmente in atto e sottolinea l’assenza di un’accelerazione reale verso i traguardi fissati per il 2030. Secondo l’Istat, occorre un cambiamento strutturale che punti sulla prevenzione, sull’integrazione dei servizi e sulla riduzione delle diseguaglianze, sia economiche che geografiche.
Italiani più longevi ma anche più malati. Visite specialistiche e prevenzione: un’urgenza sottovalutata.

Il divario tra longevità e salute reale evidenzia la necessità di rafforzare la rete di visite specialistiche preventive, con particolare attenzione alle patologie croniche e alla salute mentale. È essenziale implementare programmi di screening mirati (al primo posto ci sono le patologie cardiologiche e quelle diabetiche), soprattutto per le malattie cardiovascolari, oncologiche e metaboliche, che colpiscono con maggiore frequenza le fasce adulte e anziane. Sul fronte psicologico, vanno promosse valutazioni precoci nei giovani e nei soggetti a rischio, in modo da intervenire prima che il disagio evolva in patologie gravi. La diagnosi precoce, accompagnata da percorsi assistenziali personalizzati, può alleggerire il carico sul sistema sanitario e migliorare in modo tangibile la qualità della vita.
Salute pubblica e sfide future
Il rapporto Istat rappresenta un campanello d’allarme su un sistema sanitario che, pur garantendo una vita lunga, fatica a offrire una vita in salute. La priorità, nel prossimo futuro, dovrà essere quella di riequilibrare il rapporto tra longevità e benessere, colmando le disparità territoriali, investendo sulla prevenzione e rafforzando l’integrazione socio-sanitaria. Un obiettivo ambizioso, ma imprescindibile se si vuole garantire un futuro sostenibile alla sanità italiana e una qualità della vita adeguata per tutti i cittadini.