In Italia si registrano circa 100.000 nuovi casi di ictus ogni anno, ma solo tra il 50% e il 70% dei pazienti riesce a essere accolto in una Stroke Unit, ovvero un reparto ospedaliero altamente specializzato nella gestione dell’evento acuto. Questo gap nell’accesso tempestivo ai trattamenti ha un impatto diretto sulla sopravvivenza, sulla rapidità delle terapie e sul grado di disabilità residua.
Parliamo di:
Il nuovo piano italiano per affrontare l’emergenza ictus

Per fronteggiare questa situazione, l’Italian Stroke Association (Isa-Aii) ha avviato nel 2024 il progetto Stroke Action Plan for Italy (Sap-I), una strategia che si ispira al piano europeo Sap-E. L’obiettivo principale è chiaro: ridurre del 10% i casi di ictus entro il 2030, ossia circa 12.000 casi in meno, agendo in modo deciso sulla prevenzione.
Un percorso integrato: prevenzione, cura e riabilitazione
Il piano italiano punta a coprire tutte le fasi della patologia: dalla prevenzione primaria, alla gestione dell’ictus acuto, alla cura post-evento e al follow-up, fino alla riabilitazione e al monitoraggio degli esiti. La chiave per ridurre l’incidenza della malattia è puntare su informazione, educazione ai corretti stili di vita e screening mirati.
In questo ambito, Isa-Aii lavora fianco a fianco con Alice Italia Onlus, l’associazione che rappresenta i pazienti colpiti da ictus, e con le istituzioni sanitarie locali e nazionali.
Stroke Unit: serve un cambio di passo
Uno dei nodi critici resta l’accesso tempestivo alle Stroke Unit, ancora insufficiente. Il Sap-I propone un lavoro congiunto tra clinici e istituzioni per invertire questa tendenza. Il piano prevede:
- Coinvolgimento dei coordinatori Isa nei tavoli tecnici regionali
- Supporto ai sistemi regionali di monitoraggio del percorso ictus
- Valutazione delle performance delle reti ictus
- Rafforzamento dei servizi di emergenza pre-ospedaliera
Pdta regionali e una strategia condivisa a livello europeo
Per raggiungere gli obiettivi del Sap-I, è essenziale che ogni Regione sviluppi Percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (Pdta) standardizzati, con indicatori chiari e misurabili. Inoltre, si auspica che anche l’Italia aderisca formalmente alla "Dichiarazione di Azioni" del piano europeo, già sottoscritta da 14 Paesi dell’Unione, per condividere una base strategica comune entro il 2030.
L’obiettivo è presentare la versione italiana della Dichiarazione in occasione del World Stroke Day a ottobre, includendo una fotografia dettagliata della situazione attuale, le priorità di intervento e le strategie per ciascuna area.
Un impatto economico che non si può ignorare
Come sottolinea Mauro Silvestrini, past president di Isa-Aii, l’ictus è una patologia ad alto impatto socio-economico. Chi sopravvive all’evento può manifestare difficoltà motorie, disturbi del linguaggio, deficit cognitivi come problemi di memoria o concentrazione, richiedendo lunghi periodi di riabilitazione. Questo comporta costi significativi per il sistema sanitario e per le famiglie.
Secondo la Stroke Alliance for Europe (Safe), il costo annuale dell’ictus per l’Unione europea è di 60 miliardi di euro, con una proiezione in crescita fino a 86 miliardi nel 2040.
Tempo e prevenzione: fattori decisivi
Poiché l’ictus è una patologia tempo-dipendente, anche pochi minuti possono fare la differenza sugli esiti del trattamento. Il Sap-I punta anche sulla riduzione dei tempi di intervento, sull'identificazione precoce dei sintomi e su strategie di prevenzione mirata. Un obiettivo chiave entro il 2030 è garantire l’identificazione e il controllo regolare dell’ipertensione nell’80% dei pazienti a rischio.
Quali esami permettono di individuare chi è a rischio ictus?
Individuare i soggetti a rischio ictus prima che l’evento acuto si manifesti è fondamentale per attivare strategie di prevenzione efficaci. L’identificazione precoce avviene attraverso una serie di esami diagnostici e controlli clinici, che permettono di rilevare fattori di rischio modificabili e condizioni predisponenti.
Esami del sangue
Tra gli esami di routine più utili, ci sono:
- Glicemia e emoglobina glicata per valutare la presenza di diabete o pre-diabete
- Colesterolo totale, HDL, LDL e trigliceridi per monitorare i livelli lipidici
- Creatinina e funzione renale, spesso associate al rischio vascolare
- Omocisteina, se elevata, può essere un fattore di rischio aggiuntivo
Misurazione della pressione arteriosa
L’ipertensione arteriosa è il principale fattore di rischio per ictus ischemico ed emorragico. Per questo motivo è essenziale monitorare regolarmente i valori pressori, anche con holter pressorio 24h in caso di sospetti episodi ipertensivi non costanti.
Elettrocardiogramma ed ecocardiogramma: il cuore al centro di tutto
Un elettrocardiogramma (ECG) può rivelare aritmie come la fibrillazione atriale, una delle cause più frequenti di ictus cardioembolico. In casi selezionati può essere indicato un ecocardiogramma transesofageo per valutare la presenza di embolie cardiache silenti o difetti del setto interatriale (PFO).
Ecocolordoppler dei tronchi sovraortici
Questo esame non invasivo consente di analizzare le carotidi e le arterie vertebrali, valutando l’eventuale presenza di placche aterosclerotiche o restringimenti del lume vascolare. È uno strumento prezioso per la prevenzione secondaria nei soggetti con familiarità o altri fattori di rischio.
Risonanza magnetica o TC cerebrale
Nei casi in cui vi siano sintomi neurologici transitori, come perdita di forza o disturbi del linguaggio, o per chi ha già avuto un TIA (attacco ischemico transitorio), possono essere prescritti esami di imaging cerebrale come:
- Risonanza magnetica encefalo con angio-RM
- TAC cranio con angio-TAC dei vasi
Questi esami permettono di rilevare ischemie silenti, malformazioni vascolari o segni precoci di patologie cerebrovascolari.
Esami genetici e test avanzati
In soggetti con familiarità positiva per ictus precoce o eventi trombotici ricorrenti, possono essere indicati test genetici o esami per la trombofilia, come:
- Mutazioni MTHFR, Fattore V di Leiden, Protrombina G20210A
- Livelli di proteina C, proteina S e antitrombina III
Questi strumenti diagnostici, se utilizzati nel contesto di una valutazione medica completa, consentono di definire con precisione il profilo di rischio individuale, attivando così percorsi di prevenzione personalizzati.
Riabilitazione cognitiva: un bisogno ancora sottovalutato
Oltre alle disabilità motorie, circa la metà dei pazienti post-ictus sviluppa alterazioni delle funzioni cognitive, come la memoria, l’attenzione e il linguaggio. Tuttavia, l’accesso a percorsi riabilitativi specifici è ancora molto limitato, sia per carenza di strutture che per mancata segnalazione da parte dei clinici.
Leonardo Pantoni, presidente eletto di Isa-Aii, sottolinea la necessità di colmare queste lacune con programmi riabilitativi personalizzati e uniformi in tutto il Paese, per garantire una presa in carico completa e inclusiva.