Un algoritmo costruito su dati di risonanza magnetica permette di stimare la velocità di invecchiamento cerebrale e anticipare il rischio di declino cognitivo. Un nuovo strumento per la prevenzione personalizzata.

Un nuovo orologio per misurare l’invecchiamento

L’età anagrafica non racconta tutta la verità. Oggi la sfida della medicina preventiva si gioca sulla possibilità di stimare l’età biologica, ovvero il ritmo con cui corpo e cervello invecchiano. Un team di ricercatori delle università di Duke, Harvard e Otago ha sviluppato un sistema che, con una singola risonanza magnetica cerebrale e un algoritmo evoluto, può prevedere il rischio di demenza e altre malattie croniche.

Identificare i soggetti più a rischio prima dei sintomi

La ricerca, pubblicata su Nature Aging, si fonda sullo studio di lungo periodo Dunedin, che ha monitorato 1.037 individui nati tra il 1972 e il 1973 in Nuova Zelanda. Analizzando parametri fisiologici e cognitivi, gli scienziati hanno costruito un algoritmo in grado di determinare quanto velocemente un cervello stia invecchiando. Questa misurazione precoce, effettuata già a 45 anni, consente di individuare chi è destinato a sviluppare deficit cognitiviprima che insorgano i primi segnali clinici.

La risonanza magnetica diventa un indicatore del futuro neurologico

Il cuore del progetto è il punteggio DunedinPACnI, calcolato su immagini cerebrali acquisite tramite risonanza magnetica (Rm). L’algoritmo è stato addestrato confrontando queste immagini con i dati clinici raccolti nel corso del tempo, mostrando che chi presentava un invecchiamento biologico più rapido tendeva ad avere un’atrofia più marcata dell’ippocampopeggiori prestazioni cognitive e una maggiore probabilità di sviluppare demenza.

Dati confermati anche su scala internazionale

Il modello è stato successivamente testato su un altro campione di 624 individui tra i 52 e gli 89 anni, provenienti da uno studio nordamericano sul rischio di Alzheimer. I risultati sono coerenti: chi aveva un’età biologica superiore a quella anagrafica mostrava un 60% di probabilità in più di ricevere una diagnosi di demenza, e anticipava di anni l’insorgenza dei primi problemi di memoria e pensiero.

Non solo cervello: l’invecchiamento accelera altre patologie

Il punteggio DunedinPACnI è risultato correlato anche a un aumento del rischio di malattie cardiovascolari e respiratorie. Chi invecchia più velocemente presenta una probabilità del 18% superiore di sviluppare una patologia cronica nei successivi anni, a dimostrazione del legame profondo tra cervello e salute sistemica.

L’intelligenza artificiale come strumento predittivo

L’algoritmo si basa su una rete neurale addestrata per interpretare l’immagine cerebrale come specchio dell’età biologica. Questo approccio, più sofisticato rispetto ai semplici test cognitivi o ai parametri clinici di base, permette di anticipare gli effetti del tempo e valutare il rischio di declino in modo personalizzato. È l’inizio di una nuova era per la medicina predittiva, che integra intelligenza artificiale e diagnostica per immagini.

Visite specialistiche e prevenzione personalizzata

La disponibilità di strumenti come DunedinPACnI offre l’opportunità di potenziare i percorsi di diagnosi precoce neurologica, soprattutto in presenza di fattori di rischio genetico, disturbi del sonno, ansia o sintomi lievi di declino cognitivo. La valutazione attraverso imaging avanzato, associata a esami funzionali e colloqui specialistici, permette di intercettare in tempo utile i segnali del decadimento cerebrale e predisporre strategie mirate di prevenzione.

Anche una semplice lastra può dire molto sull'invecchiamento cerebrale

Anche una semplice lastra può dire molto sull'invecchiamento cerebrale

Un secondo studio, condotto dall’Università Metropolitana di Osaka e pubblicato su The Lancet Healthy Longevity, ha mostrato come anche una radiografia del torace, analizzata da un sistema di intelligenza artificiale, possa stimare l’età biologica di un soggetto. Il sistema è in grado di rilevare condizioni croniche come ipertensione o broncopneumopatia ostruttiva (Bpco), suggerendo che in futuro biomarcatori visivi sempre più precisi potranno essere usati per prevedere aspettativa di vita, gravità delle patologie e rischio chirurgico.

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