Per i pazienti affetti da edema maculare diabetico (DME), una delle complicanze oculari più gravi, ma drammaticamente anche più comuni legate al diabete, potrebbe aprirsi una nuova prospettiva terapeutica. Un innovativo composto a piccole molecole, foselutoclax (UBX1325), appartenente alla classe dei senolitici, ha mostrato segnali di efficacia clinica e un profilo di sicurezza tollerabile in un recente studio di fase II. La molecola è in grado di eliminare selettivamente le cellule senescenti, ritenute responsabili di infiammazione e degenerazione dei tessuti retinici.

Studio clinico di fase II: disegno e risultati

Lo studio, condotto da un team di ricercatori negli Stati Uniti, ha coinvolto 65 pazienti con DME non responsivi in modo adeguato alle iniezioni con anti-VEGF, attualmente considerati lo standard terapeutico. Il trattamento consisteva in una singola iniezione intravitreale di UBX1325 e il follow-up è stato prolungato fino a 48 settimane.

Nel corso del monitoraggio, sono stati registrati cinque eventi avversi di grado 3 o superiore nel gruppo trattato con UBX1325, tutti considerati seri, a fronte di quattro eventi (tre gravi) nel gruppo di controllo (sham). Malgrado la presenza di effetti collaterali, il farmaco ha dimostrato una tollerabilità clinica accettabile per questa categoria di pazienti fragili.

Miglioramenti misurabili nella funzione visiva

Dal punto di vista dell’efficacia, UBX1325 ha ottenuto un miglioramento clinicamente significativo dell’acuità visiva. Alla settimana 48, la differenza media rispetto al gruppo sham era di 5,6 lettere sulla scala ETDRS (Early Treatment Diabetic Retinopathy Study), l’equivalente di un guadagno di una riga nella classica scala per misurare la vista.

Il beneficio visivo è stato più evidente nei pazienti con forme meno gravi della malattia, nei quali si è osservato un incremento fino a 10-15 lettere, segnalando un potenziale effetto terapeutico importante per migliorare la qualità della vita.

Una terapia mirata alle cause cellulari

La novità di UBX1325 risiede nel meccanismo d’azione senolitico. A differenza degli anti-VEGF, che agiscono sul sintomo della neovascolarizzazione, questa molecola mira direttamente alle cellule disfunzionali accumulate nella retina, contribuendo a ridurre i processi infiammatori cronici alla base dell’edema.

Questo approccio cellulare rappresenta un cambiamento di paradigma, puntando a trattare le radici del danno retinico, piuttosto che i soli effetti. I ricercatori ritengono che tale strategia possa ridurre la necessità di trattamenti frequenti, oggi spesso mal tollerati dai pazienti per il forte impatto organizzativo e psicologico.

Limiti dello studio e prospettive future

Lo studio, pur evidenziando risultati incoraggianti, ha alcune limitazioni. Tra le principali, un elevato tasso di abbandono: circa il 25% dei partecipanti ha interrotto il follow-up prima del termine delle 48 settimane. Secondo gli autori, ciò è probabilmente dovuto al fatto che i pazienti nel gruppo sham hanno cercato altrove opzioni terapeutiche più attive.

Un altro punto critico riguarda l’assenza, in questa fase, di un confronto diretto con i farmaci anti-VEGF, elemento che sarà colmato nella prossima fase IIb prevista entro la fine dell’anno. Tale studio sarà cruciale per confermare il reale impatto terapeutico di UBX1325 in una popolazione più ampia e con parametri comparativi più robusti.

Le anti-VEGF restano lo standard, ma con limiti noti

Ad oggi, le terapie anti-VEGF rappresentano il trattamento di riferimento per l’edema maculare diabetico. Tuttavia, la loro efficacia non è universale: studi precedenti hanno mostrato che fino al 66% dei pazienti mantiene un edema persistente dopo sei mesi di trattamento.

A ciò si aggiungono le difficoltà logistiche legate alla necessità di somministrazioni frequenti e al costo elevato, aspetti che rendono urgente l’identificazione di strategie terapeutiche alternative, più sostenibili e meglio tollerate nel lungo periodo.

Una nuova speranza terapeutica per la vista dei pazienti diabetici

I primi dati su foselutoclax rappresentano una promettente evoluzione nella cura del DME, con potenziali benefici in termini di riduzione del carico terapeutico, miglioramento della vista e maggiore adesione alle cure. Se le conferme attese nei prossimi studi clinici verranno validate, il farmaco potrebbe affiancarsi o addirittura sostituire, in certi pazienti, le terapie attualmente disponibili.

In un contesto in cui la gestione del diabete e delle sue complicanze oculari è sempre più centrale nella salute pubblica, l’introduzione di nuove opzioni efficaci e mirate può rappresentare un passo decisivo verso un’assistenza più personalizzata, efficiente e umana.

L’importanza di una diagnosi precoce per l'edema maculare diabetico

L’importanza di una diagnosi precoce per l'edema maculare diabetico

L’edema maculare diabetico (DME) è una delle principali cause di perdita visiva nei pazienti con diabete mellito. Progredisce spesso in modo silenzioso, per questo la diagnosi precoce è essenziale per prevenire danni irreversibili alla retina. Il ruolo delle visite oculistiche specialistiche e degli esami diagnostici mirati è cruciale per individuare i primi segni della patologia, anche prima della comparsa di sintomi evidenti.

Quando consultare uno specialista

I pazienti diabetici dovrebbero sottoporsi a controlli oculistici regolari, anche in assenza di disturbi visivi. La frequenza consigliata è almeno una visita all’anno, da intensificare in caso di diabete di lunga durata, scarso controllo glicemico o comorbidità cardiovascolari. In presenza di sintomi sospetti, il consulto deve essere tempestivo.

Sintomi da non trascurare

L’edema maculare diabetico può manifestarsi con sintomi graduali o improvvisi. Tra i segnali più comuni:

  • Visione offuscata o distorta (metamorfopsie)
  • Difficoltà a leggere o a riconoscere i volti
  • Visione centrale alterata o presenza di una macchia scura
  • Riduzione della sensibilità ai colori
  • Necessità crescente di cambiare la prescrizione degli occhiali

Questi disturbi possono interessare uno o entrambi gli occhi e peggiorare nel tempo se non trattati adeguatamente.

Condizioni che aumentano il rischio

Oltre alla durata del diabete e al controllo glicemico, esistono fattori predisponenti che rendono più probabile l’insorgenza del DME:

  • Retinopatia diabetica già diagnosticata
  • Ipertensione arteriosa
  • Dislipidemia (colesterolo e trigliceridi elevati)
  • Fumo di sigaretta
  • Insufficienza renale cronica
  • Gravidanza in donne con diabete preesistente
  • Obesità o sindrome metabolica

Nei pazienti con questi profili di rischio, è fondamentale mantenere monitoraggi più frequenti e accurati.

Esami diagnostici fondamentali

Durante la visita oculistica, lo specialista può richiedere esami strumentali specifici per valutare lo stato della retina e misurare l’edema:

  • OCT (Tomografia a Coerenza Ottica): consente di ottenere immagini ad alta risoluzione della retina e misurare lo spessore maculare
  • Fluorangiografia (o fluoresceinografia): evidenzia le aree di perdita capillare, microaneurismi e neovascolarizzazione
  • Esame del fondo oculare con pupilla dilatata: permette l’osservazione diretta della retina e della macula
  • Angio-OCT: una tecnica avanzata per analizzare la vascolarizzazione retinica senza mezzo di contrasto

L’associazione tra esami visivi soggettivi e diagnostica per immagini consente allo specialista di formulare una diagnosi precisa e scegliere il trattamento più adeguato.

Il ruolo della collaborazione multidisciplinare

La gestione dell’edema maculare diabetico non può prescindere da un approccio integrato. Oculisti, diabetologi, internisti e nutrizionisti devono lavorare in sinergia per affrontare la patologia in modo globale. Un buon controllo glicemico e la correzione dei fattori di rischio sistemici sono indispensabili per ridurre la progressione dell’edema e aumentare l’efficacia delle terapie locali.

Una diagnosi precoce non solo migliora la prognosi visiva, ma riduce anche l’impatto emotivo e sociale della malattia. Educare i pazienti a riconoscere i segnali d’allarme e a seguire scrupolosamente i controlli oftalmologici rappresenta il primo passo per difendere la vista e la qualità della vita.

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