Le patate sono tra gli alimenti più diffusi sulle tavole italiane, ma il loro consumo non è privo di rischi. Una ricerca della Harvard T.H. Chan School of Public Health, pubblicata sul British Medical Journal, ha dimostrato che un consumo settimanale del tubero è associato a un aumento del rischio di diabete di tipo 2 del 5%. Tuttavia, non tutte le patate sono uguali: il metodo di cottura gioca un ruolo decisivo.
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Frittura e rischio metabolico
Lo studio, che ha seguito oltre 205 mila persone per più di 30 anni, ha evidenziato che tre porzioni aggiuntive di patatine fritte alla settimana comportano un incremento del rischio di diabete del 20%. La frittura, infatti, espone il cibo a temperature elevate, arricchendolo di grassi poco salutari e riducendo i benefici nutrizionali del tubero. Al contrario, patate bollite o al forno non hanno mostrato un legame significativo con lo sviluppo della malattia.
Il ruolo della fibra e del carico glicemico
Le patate sono spesso criticate per il loro alto indice glicemico, che determina rapidi picchi di zuccheri nel sangue e un aumento della secrezione di insulina. Secondo gli esperti, il rischio può essere ridotto introducendo fibre nello stesso pasto: verdure, cereali integrali e legumi contribuiscono ad abbassare l’impatto glicemico complessivo. Anche una semplice porzione di verdura consumata prima degli gnocchi di patate riduce il carico glicemico e migliora la risposta metabolica.
Quanto spesso consumarle
La Società Italiana di Nutrizione Umana ha recentemente aggiornato la piramide alimentare, collocando le patate nella fascia degli alimenti da consumare non quotidianamente, ma 1-2 volte a settimana. Il consiglio è di alternarle ad altri carboidrati complessi come pane, pasta o riso, evitando di sommarne le quantità nello stesso pasto.
Le patate non sono una verdura: occhio agli zuccheri

Uno degli errori più comuni è considerare le patate come un contorno. In realtà, vanno assimilate ai carboidrati complessi. Offrono comunque nutrienti importanti come vitamina C, potassio, polifenoli e magnesio, ma il loro apporto calorico e glucidico le rende un alimento da gestire con equilibrio, soprattutto nelle persone a rischio metabolico. Le patate americane, oggi molto diffuse, contengono più fibre e betacarotene, ma dal punto di vista glicemico non mostrano differenze clinicamente rilevanti.
Visite specialistiche e prevenzione
Chi presenta fattori di rischio per il diabete – sovrappeso, obesità, familiarità, stili di vita sedentari – dovrebbe sottoporsi a visite diabetologiche e controlli periodici con misurazione della glicemia, dell’emoglobina glicata e del profilo lipidico. La prevenzione passa anche da una educazione alimentare consapevole, che aiuti a gestire meglio i carboidrati complessi e a ridurre l’impatto di cibi ad alto indice glicemico.
Alimentazione equilibrata e salute a lungo termine
Le patate non devono essere demonizzate, ma inserite in una dieta bilanciata che rispetti i principi della dieta mediterranea. La scelta della cottura e l’abbinamento con fibre e proteine fanno la differenza. Ridurre il consumo di fritti, aumentare l’attività fisica e monitorare regolarmente i valori glicemici restano le strategie più efficaci per prevenire diabete e complicanze metaboliche.