Il cuore è il killer silenzioso delle donne, ma in troppe lo ignorano. In Italia oltre sei donne su dieci non sanno che le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte femminile. Un dato allarmante che emerge da uno studio condotto dal Policlinico San Donato, nei pressi di Milano, e pubblicato sull’European Journal of Preventive Cardiology. L’indagine, intitolata A Call for Women, ha coinvolto 3.537 donne residenti in Lombardia e ha evidenziato una forte disinformazione che rischia di trasformarsi in un boomerang per la salute femminile, specialmente tra le più giovani.

Tre profili femminili per una prevenzione su misura

Lo studio non si limita a fotografare lo stato della consapevolezza sanitaria, ma segmenta la popolazione analizzata in tre cluster distinti, utili per definire strategie di prevenzione più mirate. I ricercatori hanno incrociato dati clinici, comportamentali e socio-demografici per delineare tre identikit tipo. Ne emerge un quadro variegato, in cui le donne più giovani si confermano le più esposte ai rischi, nonostante il miglior stato di salute generale.

Donne mature ma attive: il Cluster 1

Nel primo gruppo rientrano donne con età media di 53 anni, buon livello di istruzione e alto tasso di occupazione. Sono le più dinamiche dal punto di vista fisico, con un indice di massa corporea generalmente nella norma e una maggiore consapevolezza rispetto al rischio cardiovascolare (38%). Molte di loro convivono con condizioni come ipertensione o colesterolo alto, che le rendono più attente alla prevenzione.

Donne anziane, fragili ma in ascolto: il Cluster 2

Il secondo cluster raccoglie donne più anziane, con un’età media di 62 anni, perlopiù in menopausa e spesso in pensione. Hanno un livello d’istruzione inferiore, un indice di massa corporea più elevato e convivono con un numero maggiore di patologie croniche. Nonostante tutto, mostrano una maggiore fiducia nei medici di base: il 36,1% si rivolge al medico di famiglia come fonte primaria di informazioni sulla salute.

Le giovani (in)consapevoli: il Cluster 3

Il terzo gruppo è il più sorprendente. Include donne con un’età media di 38 anni, con il più alto livello d’istruzione e la maggiore partecipazione al mondo del lavoro. Tuttavia, sono anche le più spericolate in fatto di stili di vita: quasi il 20% fuma, il 30% non pratica attività fisica e un ulteriore 38% lo fa solo saltuariamente. E nonostante la giovane età e le risorse culturali, solo un terzo (33,2%) riconosce il reale rischio cardiovascolare. Un paradosso che rende urgente pensare a campagne mirate alle nuove generazioni.

Salute del cuore, il grande fraintendimento: il cancro al primo posto (ma è sbagliato)

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Alla domanda su quale sia la principale causa di morte tra le donne, solo il 35% ha correttamente indicato le malattie cardiovascolari. Il 42% ha invece risposto il cancro, un errore comprensibile ma potenzialmente pericoloso, perché distoglie l’attenzione da un rischio concreto e spesso prevenibile. La percezione pubblica, insomma, non rispecchia la realtà clinica.

Un approccio nuovo: superare il modello “taglia unica”

I dati dimostrano chiaramente che parlare alle donne come a un unico blocco indistinto non funziona più. Stili di vita, accesso all’informazione, contesto sociale e culturale variano enormemente tra fasce d’età e classi sociali. Lo studio suggerisce quindi di abbandonare l’approccio “one size fits all” a favore di modelli di prevenzione più personalizzati, capaci di intercettare le reali esigenze e fragilità delle donne nelle varie fasi della vita.

Le parole chiave della prevenzione: education, empowerment, awareness

Per Serenella Castelvecchio, responsabile del Programma di Prevenzione cardiovascolare e Medicina di genere del Policlinico San Donato, la prevenzione al femminile deve diventare personalizzata, basata su dati reali, cucita su misura per ogni gruppo target. Serve una rete capillare che coinvolga professionisti della salute, media e istituzioni. E servono campagne educative che non parlino solo di alimentazione e attività fisica, ma che promuovano un vero empowerment, dove ogni donna si senta parte attiva nella tutela della propria salute.

Il peso dei numeri: più morti tra le donne che tra gli uomini per patologie cardiovascolari

A livello europeo, le malattie cardiovascolari sono responsabili del 54% dei decessi tra le donne, contro il 43% tra gli uomini. In Italia, i dati Istat aggiornati a giugno 2024 mostrano un tasso del 37,7% per le donne e del 31,7% per gli uomini. Nonostante questo, la narrazione sanitaria continua a essere fortemente sbilanciata: si parla molto di tumori femminili, pochissimo di infarto, ictus, ipertensione o sindrome metabolica. Uno squilibrio informativo che andrebbe corretto con urgenza.

Costruire consapevolezza per salvare vite

Lo studio realizzato in Lombardia offre una base scientifica concreta per lanciare nuove strategie di prevenzione. Ma il messaggio è valido a livello nazionale. Le donne non sono tutte uguali e le loro esigenze di salute vanno riconosciute e rispettate. Servono investimenti in informazione, accesso alle cure, educazione sanitaria e ascolto. E naturalmente controlli diagnostici mirati, soprattutto su soggetti diabetici, obesi o fumatori. Parlare di cuore al femminile significa dare voce a milioni di persone spesso escluse dalle grandi campagne istituzionali. E significa, soprattutto, prevenire prima che sia troppo tardi.

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