In merito al Covid, la Corte di Cassazione, con una pronuncia delle Sezioni Unite, ha tracciato una linea di demarcazione netta nella giurisprudenza relativa alla gestione della pandemia. Secondo la decisione, il reato di epidemia colposa può essere configurato anche in forma omissiva, ovvero nel caso in cui ci sia stato un mancato intervento o l’omissione di misure dovute a tutela della salute pubblica. Si tratta di una svolta giuridica che potrebbe riaprire procedimenti archiviati e ridefinire le responsabilità di chi ha avuto ruoli decisionali nella fase iniziale dell’emergenza sanitaria.

Il caso di Alghero e il ricorso in Cassazione

Il nodo giuridico da cui è partita la pronuncia riguarda il caso di un dirigente dell’Ospedale Civile di Alghero. A marzo 2024, l’uomo era stato assolto dall’accusa di non aver adottato misure di protezione sufficienti contro il contagio da Covid-19 tra i lavoratori della struttura. Il tribunale, richiamandosi a una norma del 1929, aveva sostenuto che per configurare il reato di epidemia colposa fosse necessaria un'azione diretta di diffusione del virus. In altre parole, l’omissione di comportamenti preventivi non era sufficiente.

Ma la Quarta sezione penale della Cassazione, rilevando una divergenza tra le sentenze precedenti, ha ritenuto opportuno rimettere la questione alle Sezioni Unite per chiarire definitivamente l’interpretazione della norma.

L’interpretazione del Covid che cambia lo scenario

L’interpretazione del Covid che cambia lo scenario

Le Sezioni Unite hanno ribaltato l’impostazione restrittiva, introducendo un principio di grande impatto: anche l’omissione di misure dovute può essere penalmente rilevante nel contesto di un’epidemia. Questo significa che chi aveva responsabilità gestionali e ha scelto – attivamente o passivamente – di non attivare dispositivi di contenimento, sistemi di protezione, piani di emergenza o procedure adeguate, potrebbe essere chiamato a rispondere di epidemia colposa.

Le conseguenze per i procedimenti in corso

Questo nuovo orientamento apre un varco nei processi attualmente in corso, come quello di Roma contro alcuni ex dirigenti del Ministero della Salute, ma anche nella maxi inchiesta condotta dalla Procura di Bergamo. In quest’ultima sono stati coinvolti funzionari, tecnici e politici per la gestione della prima fase della pandemia nel territorio più duramente colpito in Italia.

Secondo i legali dei familiari delle vittime, la sentenza legittima il lavoro svolto finora dagli inquirenti e rende più solide le basi per eventuali contestazioni di responsabilità omissive, finora escluse da molte decisioni preliminari.

La voce degli avvocati delle vittime

Gli avvocati Consuelo Locati, Giovanni Benedetto, Luca Berni, Alessandro Pedone e Piero Pasini – che da anni rappresentano centinaia di famiglie delle vittime di Covid – hanno definito la sentenza un “cambio radicale dello scenario giuridico”. A loro avviso, potrebbe essere riaperto l’accesso alla giustizia per chi finora si è visto negare risposte, per mancanza di una chiara configurazione normativa delle responsabilità omissive nella diffusione del virus.

La speranza, per molte famiglie, è che questa sentenza sia il primo passo verso una piena assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni.

Implicazioni politiche e istituzionali

Anche sul fronte politico si registrano reazioni significative. Alcuni membri della Commissione parlamentare d’inchiesta sul Covid-19 – in particolare rappresentanti di Fratelli d’Italia – hanno dichiarato che la decisione della Cassazione “avvalora il nostro lavoro e apre nuovi scenari processuali”. In particolare, è stato ricordato il caso dell’importazione di mascherine non idonee, che ora potrebbe essere valutato alla luce della nuova interpretazione giurisprudenziale.

La Commissione ha annunciato che proseguirà il proprio lavoro con maggiore forza, pur senza interferire con i procedimenti giudiziari in atto. L’obiettivo resta quello di far emergere la verità sulla gestione dell’emergenza, anche alla luce dei nuovi sviluppi giuridici.

Una riflessione sulla responsabilità

La sentenza delle Sezioni Unite va oltre il singolo caso. Introduce un principio giuridico destinato a influenzare profondamente la futura gestione delle emergenze sanitarie, aprendo a un’interpretazione che tiene conto non solo dell’azione ma anche dell’inazione come potenziale fonte di danno pubblico.

In un contesto come quello della pandemia da Covid-19, caratterizzato da decisioni rapide, spesso improvvisate e non sempre coordinate, la possibilità di attribuire responsabilità penali anche per comportamenti omissivi rappresenta una nuova chiave di lettura.

Attesa per le motivazioni della sentenza

Le motivazioni integrali della sentenza non sono ancora state depositate, ma già ora l’effetto sul dibattito pubblico e giuridico è evidente. Le difese, le procure e i tribunali dovranno necessariamente tenere conto di questo nuovo orientamento, che amplia il campo delle responsabilità e valorizza il ruolo della prevenzione e della prontezza nella risposta sanitaria.

Il sistema giudiziario italiano, attraverso questa pronuncia, manda un messaggio chiaro: durante una crisi sanitaria, non basta non fare il male. È necessario fare attivamente il bene, adottando ogni misura possibile per proteggere la collettività.

Un nuovo capitolo nella ricerca della verità

La pandemia ha lasciato ferite profonde nella società italiana, ma anche tante domande rimaste senza risposta. Chi doveva proteggere? Chi ha deciso? Chi ha taciuto? Ora, con la decisione della Cassazione, la strada per ottenere giustizia è più percorribile, anche per chi finora si era sentito escluso dai procedimenti.

Il futuro dirà quali effetti concreti avrà questa svolta giurisprudenziale. Ma un fatto è certo: la soglia dell’omissione non sarà più sottovalutata. E nelle emergenze sanitarie, l’inazione può avere lo stesso peso dell’errore.

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