A distanza di dodici mesi dalla fase acuta dell’infezione da Covid-19, una quota significativa di pazienti continua a manifestare sintomi cronici e alterazioni cliniche. È quanto emerge dallo studio osservazionale LOPAC (Long-Term Outcomes Post-Acute COVID-19), che ha coinvolto 173 persone precedentemente colpite da forme gravi di polmonite causata dal virus SARS-CoV-2. I risultati offrono una fotografia chiara e preoccupante di quanto l’infezione possa lasciare segni duraturi anche molto tempo dopo la guarigione apparente.
La ricerca, condotta su soggetti già arruolati in trial clinici e pubblicata su una rivista scientifica internazionale, conferma che il virus può generare effetti multiorgano persistenti, modificando profondamente la qualità della vita dei pazienti.
I sintomi che non scompaiono dopo dodici mesi
I dati raccolti mettono in evidenza l’ampio spettro di manifestazioni cliniche che resistono nel tempo. Le più comuni includono:
• Affaticamento cronico (44,5% dei pazienti)
• Dispnea (34,7%)
• Disturbi cognitivi (30,1%)
• Tosse cronica (29,5%)
• Anomalie riscontrate alla tomografia toracica ad alta risoluzione (HRCT) (32,4%)
• Riduzione della capacità vitale forzata (FVC) (15%)
Questi sintomi impattano sulla sfera respiratoria, cognitiva e funzionale, rendendo necessaria una gestione clinica continuativa e multidisciplinare anche a lungo termine.
Chi è più a rischio di conseguenze durature
L’analisi ha permesso di individuare una serie di fattori predittivi che aumentano la probabilità di sviluppare sequele persistenti:
• L’età avanzata e la gravità iniziale della malattia sono associate ad anomalie polmonari a distanza di tempo.
• La presenza di ipertensione arteriosa risulta collegata a un maggiore rischio di affaticamento e sintomi respiratori.
• Età e obesità sono emersi come indicatori forti per la comparsa di deficit cognitivi.
La combinazione di questi elementi rende evidente l’importanza di personalizzare il follow-up post-Covid, in particolare per soggetti fragili o con patologie pregresse.
Un’infezione che colpisce più organi, non solo i polmoni: l'effetto Covid-19 non è finito
Il quadro clinico che emerge dallo studio LOPAC mostra come il Covid-19 severo non si limiti a colpire i polmoni, ma coinvolga più sistemi corporei:
• Sistema cardiovascolare: sono stati documentati casi di miocardite, aritmie e insufficienza cardiaca.
• Sistema nervoso: molti pazienti riportano cefalee ricorrenti, difficoltà cognitive, neuropatie periferiche.
• Sistema respiratorio: restano evidenti limitazioni della funzionalità polmonare e sintomi come dispnea e tosse cronica.
Questa complessità rende il Covid-19 grave una patologia ad alto impatto sulla salute a lungo termine e sulla tenuta dei sistemi sanitari.
La necessità di percorsi clinici strutturati e continui
Uno degli aspetti cruciali evidenziati dallo studio è l’urgenza di attivare protocolli di follow-up standardizzati per tutti i pazienti dimessi dopo un'infezione severa da SARS-CoV-2. Il supporto deve estendersi oltre la fase acuta, per includere:
• Programmi di riabilitazione respiratoria per ripristinare le capacità polmonari
• Assistenza neurocognitiva per intervenire su memoria, attenzione e concentrazione
• Monitoraggi cardiopolmonari periodici, in grado di rilevare segni di complicanze tardive
Investire su una gestione continuativa significa ridurre il rischio di cronicizzazione e favorire un miglioramento tangibile della qualità della vita nei mesi successivi alla malattia.
Visite specialistiche e prevenzione post-Covid: quando intervenire

Il quadro emerso suggerisce l’importanza di consultare specialisti in pneumologia, neurologia e cardiologia per i pazienti che presentano sintomi persistenti dopo la fase acuta del Covid-19. La diagnosi precoce di alterazioni funzionali consente di avviare trattamenti mirati e più efficaci.
Sintomi come stanchezza ingiustificata, difficoltà respiratorie, vuoti di memoria o dolori toracici non vanno sottovalutati, anche se comparsi mesi dopo la dimissione ospedaliera. Una valutazione approfondita può evitare l’aggravarsi della situazione clinica e favorire il recupero completo.
La prevenzione delle sequele a lungo termine passa anche da controlli regolari e da percorsi riabilitativi personalizzati, in grado di ripristinare le normali capacità funzionali del paziente.
Uno scenario che impone attenzione e nuove strategie sanitarie
Il messaggio dello studio LOPAC è inequivocabile: una parte significativa dei pazienti colpiti da forme gravi di Covid-19 continua a convivere con sintomi e problemi di salute a distanza di un anno. Questa realtà impone un cambiamento di prospettiva nella gestione dell’emergenza pandemica, che non può più esaurirsi con la negativizzazione del tampone.
È necessario pianificare interventi sanitari strutturati nel lungo periodo, capaci di prendersi carico delle persone colpite anche dopo la fase acuta, con un’attenzione continua e multidisciplinare.