L’ipercolesterolemia familiare (colesterolo ereditario) colpisce sin dall’infanzia ma spesso non viene diagnosticata. Il rischio di infarto entro i 60 anni è fino a 20 volte superiore. Intervenire con strategie personalizzate può fare la differenza.

Una patologia genetica sottovalutata

L’ipercolesterolemia familiare è una malattia ereditaria che provoca livelli molto elevati di colesterolo Ldl già alla nascita. Si tratta del cosiddetto “colesterolo cattivo”, responsabile della formazione di placche nelle arterie e di un rischio elevatissimo di malattie cardiovascolari fin dalla giovane età. La condizione, causata da mutazioni genetiche che alterano il metabolismo lipidico, è largamente sottodiagnosticata: si stimano 200.000 persone affette in Italia, ma solo circa 12.000 casi sono stati ufficialmente identificati.

I numeri che allarmano

La forma eterozigote, la più diffusa, colpisce circa 1 persona su 300, mentre la forma omozigote – più grave – interessa 1 su 300.000. In assenza di trattamento, il rischio di infarto prima dei 60 anni può aumentare fino a 20 volte rispetto alla media. Le conseguenze si manifestano con infarti e ictus anche in età giovanile, quando tali eventi sono normalmente rari.

Campanelli d’allarme da non ignorare

Uno dei primi segnali di sospetto è un valore di colesterolo Ldl superiore a 190 mg/dl in soggetti non trattati. Un altro indicatore fondamentale è una storia familiare di eventi cardiovascolari precoci, soprattutto se insorti prima dei 55 anni negli uomini e dei 60 nelle donne. I pazienti colpiti da ipercolesterolemia genetica subiscono un’esposizione cronica e precoce a livelli dannosi di colesterolo, e quindi il rischio cardiovascolare non dipende solo dai valori presenti al momento della visita, ma dal tempo complessivo di esposizione.

Segni visibili nei casi più gravi

In alcuni pazienti, soprattutto affetti dalla forma più severa della malattia, possono manifestarsi segni fisici evidenti come xantomi (depositi di grasso su tendini, gomiti e ginocchia) o l’arco corneale, un alone biancastro intorno all’iride. Tuttavia, questi segnali sono rari nei pazienti con forme più lievi e non possono essere considerati elementi affidabili per la diagnosi precoce.

Una terapia su misura per un rischio elevato

I soggetti affetti da ipercolesterolemia familiare richiedono una terapia intensiva già dai primi stadi, poiché i trattamenti standard non risultano sufficienti. Le sole statine, per esempio, non bastano. Per questi pazienti è necessaria una combinazione di farmaci che consenta di raggiungere livelli di colesterolo Ldl molto più bassi rispetto alla media. L’approccio terapeutico deve essere calibrato sulla base del rischio cardiovascolare effettivo, adottando strategie personalizzate fin dall’inizio.

Visite specialistiche e prevenzione mirata

Data la natura genetica della malattia, la diagnosi precoce è cruciale. I medici di medicina generale devono essere formati a riconoscere i segnali clinici e inviare tempestivamente i pazienti ai centri specializzati per approfondimenti diagnostici. Sono raccomandati esami ematochimici periodici, in particolare per soggetti con familiarità cardiovascolare. L’adozione di protocolli di screening specifici consente di identificare precocemente i pazienti e prevenire eventi gravi attraverso un trattamento mirato.

La rete Lipigen e il supporto alla diagnosi

Per colmare il divario nella diagnosi e nella gestione della malattia, è nato il progetto Lipigen, una rete italiana di centri clinici e laboratori specializzati nella diagnosi delle dislipidemie genetiche. Oltre 60 strutture aderenti condividono protocolli diagnostici omogenei con l’obiettivo di migliorare il riconoscimento e il trattamento dell’ipercolesterolemia familiare. Il progetto punta anche a rafforzare la consapevolezza tra medici e pazienti. I risultati aggiornati della rete saranno presentati nel corso del congresso nazionale in programma a novembre.

Nuove terapie e tecnologie emergenti contro il colesterolo ereditario

Tra le opzioni terapeutiche più innovative vi sono gli anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9, somministrabili una o due volte al mese per via sottocutanea. Le evidenze dimostrano un profilo di sicurezza molto elevato, con rari effetti collaterali. Un’ulteriore frontiera è rappresentata dai small interfering Rna, che prevedono due somministrazioni nei primi tre mesi e successivamente una ogni sei mesi. L’aderenza ai nuovi trattamenti supera il 90%, un risultato incoraggiante documentato dai registri nazionali.

Soluzioni naturali? Inefficaci per questa patologia

I prodotti naturali a base di riso rosso fermentato, talvolta considerati un’alternativa alle statine, non sono indicati per il trattamento dell’ipercolesterolemia familiare. I livelli attuali di principio attivo sono troppo bassi per offrire un’efficacia clinica, e comunque non rappresentano un’opzione terapeutica valida per pazienti ad alto rischio cardiovascolare.

Salvare vite con la diagnosi precoce

La lotta contro l’ipercolesterolemia familiare inizia con la consapevolezza. Diagnosticare precocemente la patologia e intervenire con terapie appropriate può cambiare radicalmente il destino di migliaia di pazienti, riducendo drasticamente il rischio di infarti e complicanze cardiache. L’obiettivo è creare una cultura clinica più attenta alle patologie genetiche e più pronta a utilizzare strumenti avanzati per tutelare la salute cardiovascolare della popolazione.

Diagnostica

Obesi e Claustrofobici


Diagnostica

Nobiliore


Diagnostica

Tiburtina


Diagnostica

Nobiliore Donna


Il ritorno dei pollini e l’aumento delle allergie stagionali
Prevenzione a 360 gradi per la salute della donna: le politiche sanitarie italiane a lavoro per le nuove strategie
Arriva una svolta farmacologica nella cura delle bronchiectasie
Strategie di vaccinazione nelle malattie respiratorie: le nuove raccomandazioni delle società scientifiche
Infanzia, PANS e PANDAS: verso il riconoscimento tra le malattie rare
Medici di famiglia, scontro tra Governo e Regioni sulla riforma
Aids, la crisi dei finanziamenti minaccia i progressi: ogni minuto una vittima
Il valore degli esami domiciliari
Miopia infantile: la terapia con luce rossa è davvero efficace?
I vaccini salvano 5 vite al minuto, ma la prevenzione resta sottovalutata
Torna in alto