Il numero di italiani che svolge regolarmente attività fisica mostra un leggero miglioramento, secondo i dati più recenti raccolti dalle sorveglianze Passi e Passi d’argento coordinate dall’Istituto superiore di sanità (Iss). La rilevazione, riferita al biennio 2023-2024, evidenzia che il 50% degli adulti è fisicamente attivo, in crescita rispetto al 45% del periodo 2020-2021. Ancora lontani però i livelli auspicabili, mentre permane una porzione significativa di popolazione inattiva.
Un segnale incoraggiante arriva dalla diminuzione dei sedentari, che scendono al 27%, rispetto al 31% del periodo pandemico. Il restante 23% della popolazione è considerato “parzialmente attivo”, cioè svolge un’attività fisica insufficiente rispetto alle linee guida internazionali.
Parliamo di:
Differenze marcate per età, genere e condizione socioeconomica
L'inattività fisica cresce con l'età. Tra i giovani adulti (18-34 anni), i sedentari rappresentano il 22%, ma la percentuale sale al 31% tra i 50-69enni. Le donne risultano meno attive degli uomini: il 30% delle prime non svolge alcuna attività fisica, contro il 23% dei secondi.
Anche le difficoltà economiche e il livello d’istruzione pesano: il 40% di chi affronta gravi problemi economici è sedentario, a fronte del 23% tra chi non ne ha. Chi ha solo la licenza elementare presenta un tasso di inattività del 49%, mentre tra i laureati il dato scende al 22%.
Sud più indietro ma con i segnali migliori
I dati territoriali confermano una forte disomogeneità regionale. Nel Sud Italia i sedentari rappresentano il 38% della popolazione, contro il 24% del Centro e appena il 16% del Nord. In Calabria si supera addirittura il 50%.
Eppure è proprio nel Mezzogiorno che si è registrata la riduzione più significativa dei livelli di inattività rispetto al periodo pandemico. Secondo la responsabile scientifica del programma di sorveglianza, questo dimostra che la consapevolezza inizia a crescere anche nei territori dove il problema era più radicato.
Anziani fanno più attività fisica rispetto al passato, ma ancora troppo fermi
Tra gli over 65, il 42% raggiunge ora i livelli raccomandati di attività fisica, rispetto al 35% della precedente rilevazione. Il 22% è parzialmente attivo, mentre il 37% è del tutto sedentario. Anche in questa fascia d’età l’inattività cresce con l’avanzare degli anni: arriva al 56% negli over 85.
Donne, persone sole, con basso titolo di studio o con difficoltà economiche sono ancora le categorie più esposte all'inattività. Il 40% delle donne anziane non pratica attività fisica, contro il 33% degli uomini. Il dato sale al 47% tra coloro con scolarità bassa e al 46% tra chi fatica ad arrivare a fine mese. Anche tra chi vive da solo la percentuale è più alta (42% contro il 35%).
Prevenzione trascurata: pochi consigli dai medici
Uno degli aspetti più critici messi in luce dal report riguarda la scarsa attenzione degli operatori sanitari verso la promozione dell’attività fisica. Solo 3 adulti su 10 dichiarano di aver ricevuto un consiglio in tal senso nei 12 mesi precedenti.
Il dato sale leggermente tra i soggetti in eccesso ponderale (37%) e tra chi soffre di patologie croniche (45%), ma resta comunque insufficiente. Ancora più bassa l’attenzione dedicata agli anziani: solo il 27% degli over 65 ha ricevuto indicazioni specifiche per aumentare il movimento. Tra le persone in sovrappeso, la percentuale scende al 28%, mentre tra gli obesi arriva al 34%.
Visite specialistiche e prevenzione: il ruolo dell’attività fisica nella diagnosi precoce di numerose malattie

La scarsa attenzione al movimento si riflette anche nella prevenzione. Visite mediche regolari e programmi personalizzati di attività fisica potrebbero contribuire a individuare precocemente problemi cardiovascolari, respiratori, muscoloscheletrici e metabolici.
In particolare, un’attività fisica mirata, pianificata su base clinica e adeguata all’età, può rappresentare uno strumento chiave per ridurre il rischio di ipertensione, diabete di tipo 2, osteoporosi, depressione e obesità. Tuttavia, questa strategia richiede un’integrazione più forte tra medicina di base, geriatria, medicina dello sport e riabilitazione.
Per molte persone, i sintomi di affaticamento cronico, dolori articolari o calo dell’umore vengono trascurati o considerati “normali” con l’età, mentre potrebbero essere segnali di uno stile di vita troppo sedentario. Una maggiore attenzione da parte dei professionisti della salute potrebbe orientare verso interventi tempestivi, evitando il peggioramento di condizioni croniche.
Riflessione finale: serve un cambio di passo nella cultura del movimento
Il quadro tracciato dai dati del biennio 2023-2024 mette in luce una realtà ancora fragile, nonostante i timidi segnali di miglioramento. L’Italia resta un Paese con alti livelli di sedentarietà, soprattutto in alcune aree geografiche e fasce sociali.
A fronte di questi numeri, è urgente un investimento sistematico in politiche pubbliche di promozione della salute, infrastrutture per il tempo libero, campagne educative nelle scuole e formazione degli operatori sanitari.
Senza un approccio integrato, che metta al centro l’attività fisica come elemento essenziale del benessere quotidiano, il rischio è quello di continuare a rincorrere le conseguenze di uno stile di vita inadeguato, piuttosto che prevenirle con interventi sostenibili e duraturi.