Aumentano gli episodi di aggressioni tra le corsie degli ospedali italiani e con essi cresce l’urgenza di trovare risposte concrete per proteggere chi ogni giorno presta assistenza. Dalla Toscana prende avvio un progetto formativo dedicato al personale sanitario, incentrato sull’autodifesa. Non si tratta di imparare tecniche offensive, ma di sviluppare strumenti per affrontare momenti di crisi in modo efficace, limitando rischi per sé e per i pazienti.

L’obiettivo è insegnare a gestire le emergenze in cui può sfociare una relazione con pazienti o familiari particolarmente agitati. Non solo tecniche fisiche, ma anche comunicazione, lettura del contesto e controllo emotivo diventano parte fondamentale del bagaglio formativo.

Rispondere senza violenza: tecniche per evitare lo scontro durante l'esplodere delle aggressioni nelle corsie

Rispondere senza violenza: tecniche per evitare lo scontro durante l'esplodere delle aggressioni nelle corsie

Il fulcro del percorso è l’apprendimento di modalità difensive e comunicative, utili per disinnescare situazioni ad alta tensione prima che degenerino. Il personale sanitario sarà accompagnato da esperti in grado di fornire strumenti per riconoscere segnali premonitori, rimanere centrati durante l’emergenza e intervenire in modo mirato per evitare escalation.

I corsi non mirano ad alimentare conflittualità o ad abilitare risposte fisiche aggressive. Al contrario, si punta a prevenire il danno e a intervenire in modo responsabile, riducendo al minimo i rischi sia per chi opera sia per chi si trova in stato di alterazione.

Strumenti per riconoscere e prevenire i segnali di pericolo

Una parte centrale del percorso sarà dedicata alla formazione sulla lettura del contesto e sul comportamento non verbale. Il riconoscimento dei segnali di tensione può permettere di agire in anticipo, gestendo con lucidità episodi di aggressività prima che sfocino in violenza.

Saper leggere le dinamiche relazionali e comprendere gli elementi che possono far precipitare una situazione sono competenze oggi ritenute fondamentali. Parlare nel modo giusto, abbassare i toni, posizionarsi correttamente nello spazio fisico, osservare e reagire con consapevolezza sono azioni che possono fare la differenza in contesti a rischio.

Tecniche fisiche di difesa non offensiva

Oltre agli strumenti comunicativi e psicologici, il programma prevede anche l’apprendimento di tecniche di difesa personale fisica, calibrate per il contesto ospedaliero. Si tratta di mosse non offensive, finalizzate a proteggersi in caso di aggressione fisica diretta, limitando i danni e guadagnando il tempo necessario per chiedere aiuto o allontanarsi.

Le tecniche proposte sono adattate alle esigenze dei professionisti che operano in ambienti delicati, spesso in spazi ristretti e in presenza di persone vulnerabili. L’addestramento punta alla massima efficacia con il minimo impatto, evitando qualsiasi forma di controaggressione.

Supporto psicologico e gestione dello stress

A completare il quadro formativo, saranno inserite sessioni con specialisti della salute mentale. Affrontare episodi di violenza può lasciare segni profondi, per questo è fondamentale imparare a gestire lo stress, elaborare quanto vissuto e prevenire il rischio di burnout.

Attraverso incontri mirati, il personale potrà apprendere tecniche di respirazione, gestione della paura, consapevolezza emotiva e strategie di recupero post-trauma. La forza fisica, in questi casi, non basta: serve una preparazione mentale solida e continua.

Focus sulla Toscana: realtà particolarmente esposta

Il percorso formativo parte dalle strutture ospedaliere dell’area fiorentina, che negli ultimi mesi hanno registrato numerosi episodi di violenza verbale e fisica. A essere coinvolti fin da subito saranno i principali ospedali della città, tra cui il policlinico universitario e il centro pediatrico, oltre alla rete delle aziende sanitarie locali.

L’area toscana è stata individuata come punto di partenza per l’alto numero di casi segnalati e per l’impegno dimostrato da parte delle direzioni sanitarie nel voler trovare soluzioni strutturate al problema.

Un modello replicabile per tutto il territorio nazionale

L’ambizione è quella di trasformare il programma in un modello nazionale. Dopo la fase di sperimentazione in Toscana, si prevede un’estensione progressiva ad altre regioni, in base ai dati di rischio e alla disponibilità delle strutture a collaborare.

Il progetto non è pensato come risposta emergenziale ma come strumento stabile e duraturo, destinato a entrare nei percorsi formativi ordinari del personale sanitario. In un contesto sempre più complesso, la sicurezza in corsia deve diventare una priorità quotidiana.

Visite specialistiche mirate e prevenzione: strumenti integrativi

All’interno di questo percorso, si sta valutando anche l’inserimento di visite specialistiche rivolte al personale coinvolto in episodi di aggressione. L’obiettivo è fornire un supporto immediato a livello psicofisico, attraverso la presa in carico da parte di professionisti della salute mentale, neurologi e medici del lavoro.

La prevenzione passa anche dalla possibilità di intercettare precocemente sintomi legati a stress post-traumatico, disturbi del sonno, ansia ricorrente, tachicardia o altri segnali fisici che possono emergere a seguito di un’aggressione subita o temuta.

Programmare controlli periodici e offrire percorsi personalizzati di sostegno può ridurre significativamente l’impatto sul lungo periodo, proteggendo la salute dei lavoratori e garantendo continuità e qualità nel servizio offerto ai pazienti.

Una risposta concreta a una realtà inaccettabile

Che chi si prende cura della salute degli altri debba temere per la propria incolumità è un dato drammatico. Ma oggi è una realtà. Questo programma rappresenta una risposta concreta, pensata per restituire dignità e sicurezza a chi opera in prima linea ogni giorno.

Se la prevenzione strutturale non arriva da chi dovrebbe garantire protezione, allora diventa fondamentale attivare risorse e competenze che offrano strumenti immediati e reali per affrontare i pericoli quotidiani. La speranza è che queste iniziative possano stimolare un cambiamento sistemico che metta al centro la tutela del personale sanitario.

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