Abbassare la pressione arteriosa nei pazienti ipertesi può ridurre del 15% il rischio di sviluppare demenza. È quanto emerge dal maxi studio CRHC-3, condotto in Cina su quasi 34.000 persone e pubblicato su Nature Medicine. Un risultato che rafforza il legame tra ipertensione e declino cognitivo, e apre a nuove strategie preventive.
Uno studio su larga scala
Il trial, denominato China Rural Hypertension Control (CRHC-3), ha coinvolto 33.995 adulti sopra i 40 anni con ipertensione non controllata. Per quattro anni, i partecipanti sono stati seguiti e suddivisi in due gruppi: uno ha ricevuto cure standard, l'altro un intervento attivo, con medici di comunità incaricati di adeguare le terapie fino al raggiungimento di valori target <130/80 mmHg.
I risultati in cifre
Alla fine dello studio:
- la pressione media è scesa di 22/9,3 mmHg nel gruppo di intervento;
- i casi di demenza si sono ridotti del 15% (668 nel gruppo trattato, contro 734 nel gruppo di controllo);
- il declino cognitivo non demenziale è stato inferiore del 16% nel gruppo di intervento.
Non sono state osservate differenze significative per cadute, sincopi o eventi avversi gravi. Al contrario, i decessi e le ospedalizzazioni sono risultati leggermente inferiori tra i pazienti trattati.
Una svolta per la prevenzione
«Il nostro è il primo studio a riportare una riduzione statisticamente significativa del rischio di demenza grazie al trattamento antipertensivo», spiegano gli autori.
Una scoperta definita da diversi esperti internazionali come "una svolta significativa", in grado di cambiare le linee guida sulla gestione dell'ipertensione.
Coerenza con altri studi
I risultati del CRHC-3 sono coerenti con il trial SPRINT MIND, condotto negli Stati Uniti, dove un controllo più stretto della pressione aveva già dimostrato una riduzione del 19% del rischio di lieve compromissione cognitiva. Sebbene in quel caso la riduzione della demenza non fosse risultata statisticamente significativa, la direzione dell'effetto era simile.
«Quando due studi ampi, in contesti molto diversi, arrivano a risultati analoghi, significa che abbiamo tra le mani un segnale robusto», sottolineano i ricercatori.
Implicazioni per la clinica
Oggi oltre 55 milioni di persone convivono con la demenza, e si prevede un triplicarsi dei casi entro il 2050. Intervenire sull'ipertensione, uno dei fattori di rischio più comuni ma anche più modificabili, rappresenta una strategia concreta.
Ogni medico di medicina generale, ogni cardiologo che gestisce pazienti ipertesi, sta anche facendo prevenzione delle demenze. Il dato è tanto clinico quanto simbolico: il cuore e il cervello sono più interconnessi di quanto si pensasse.
Un modello replicabile
Uno dei punti di forza del CRHC-3 è l'approccio territoriale. A condurre l'intervento non sono stati specialisti in grandi ospedali, ma operatori locali formati ad hoc. Questo dimostra che la prevenzione può essere accessibile anche in contesti a risorse limitate, purché supportata da strategie coordinate e sostenibili.
È una lezione che vale anche per altri Paesi: rafforzare il territorio significa portare la medicina dove serve, quando serve, anche per patologie complesse.
L'importanza della prevenzione cardiologica nei soggetti già a rischio: controllare la pressione è una priorità

L'ipertensione non è solo un rischio per il cuore, ma per l'intero organismo. Cuore, reni, cervello: tutti gli organi pagano il prezzo di una pressione mal controllata. Eppure, è una condizione spesso trascurata, sottovalutata o non trattata in modo adeguato.
Questi dati ricordano che intervenire presto fa la differenza. È essenziale investire sulla prevenzione, sul monitoraggio regolare, sull'aderenza alle terapie, su un'educazione sanitaria capillare.
Visite specialistiche e prevenzione
In presenza di valori pressori elevati o familiari con patologie cardiovascolari, è fondamentale sottoporsi a visite cardiologiche regolari, eseguendo:
- misurazione della pressione arteriosa in diverse condizioni;
- elettrocardiogramma e, se indicato, ecocardiogramma;
- controllo di colesterolo, glicemia e funzione renale;
- valutazione di eventuali fattori di rischio aggiuntivi.
Nei pazienti già ipertesi, il monitoraggio deve essere continuo e personalizzato. Anche piccoli aggiustamenti terapeutici, se ben calibrati, possono cambiare il decorso di una vita intera.
Un messaggio chiaro
Trattare l'ipertensione non serve solo a prevenire infarti e ictus. Serve a proteggere la memoria, la dignità, l'autonomia delle persone. Il cuore batte anche per il cervello. E la pressione, se ben controllata, è una chiave per vivere più a lungo, e meglio.
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