L’attività fisica non è solo prevenzione. È terapia, è cura quotidiana, è forza che rinasce anche quando tutto sembra crollare. Eppure, resta ancora troppo spesso un consiglio vago, poco integrato nei protocolli ufficiali. Una risorsa sottovalutata, ma ormai confermata dalla scienza come fondamentale nel percorso oncologico.
Parliamo di:
Fatica cronica e isolamento dopo la malattia
Per molti sopravvissuti al cancro, il ritorno alla normalità è solo apparente. Stanchezza che non passa, malinconia profonda, solitudine: questi sono i giorni dopo le cure. Non tutti ne parlano, ma in troppi li vivono. Secondo uno studio coordinato dallo Shengjing Hospital di Shenyang, in Cina, pubblicato sul British Journal of Sports Medicine, un’attività fisica regolare riduce il rischio di affaticamento oncologico del 50%.
E non solo. Sia l’attività moderata che quella intensa sono associate a una diminuzione della depressione da due a cinque volte. Una differenza che può cambiare tutto.
Il corpo ferito può ancora danzare con l'attività fisica sana, equilibrata e sotto controllo medico

I ricercatori non hanno dubbi: il movimento è sicuro e raccomandato per tutti i pazienti oncologici, indipendentemente dal tipo di tumore o dallo stadio della malattia.
Le linee guida della American Society of Clinical Oncology consigliano un’integrazione di esercizi aerobici e di resistenza, da affiancare ai trattamenti medici.
Muoversi non significa solo rimettersi in forma: vuol dire ricostruire un’identità fisica e mentale, trasformare la propria relazione con il dolore e la paura.
Le donne pagano un prezzo più alto
Le donne colpite da tumore, in particolare, soffrono più frequentemente di fatica cronica e disturbi depressivi. Lo conferma un’analisi presentata all’Annual Meeting dell’American Association for Cancer Research 2025.
Tra pressioni sociali, gestione della famiglia e impatti ormonali, l’equilibrio si spezza con più facilità. Ma il movimento può essere una chiave potente per ritrovare forza, fiducia, respiro.
Benefici su tutto: cuore, mente, respiro
La revisione di 80 studi internazionali lo dice chiaramente: chi pratica attività fisica durante e dopo il trattamento presenta:
- meno danni al cuore e al sistema nervoso, spesso causati dalla chemioterapia
- meno nebbia mentale (il cosiddetto “chemo brain”)
- meno problemi respiratori
- più qualità del sonno, più lucidità, più stabilità emotiva
- più contatti sociali, più voglia di vivere
Ogni passo, ogni respiro fatto con intenzione, aiuta a ricostruire la persona, non solo il paziente.
Non basta dire “faccia attività”
I ricercatori dello Shengjing Hospital lo ribadiscono: l’esercizio è oggi il miglior trattamento contro la cancer fatigue. Ma non basta affidarsi al buon senso.
Servono protocolli strutturati, personalizzati, basati su:
- fase della malattia
- tipo di tumore
- condizioni generali del paziente
- motivazione psicologica e contesto sociale
La medicina dell’ascolto è la prima da prescrivere. Solo così il movimento diventa alleato, e non un’ulteriore fatica.
La prevenzione inizia prima e continua dopo
Muoversi è prevenzione prima della malattia. Ma è anche sostegno dopo. L’attività fisica regolare abbassa il rischio di sviluppare alcuni tipi di tumore, migliora la risposta immunitaria e stabilizza i parametri metabolici e infiammatori.
Le indicazioni principali:
- almeno 150 minuti di attività aerobica moderata a settimana (camminata veloce, cyclette, nuoto leggero)
- almeno 2 sessioni di esercizi di forza muscolare
Tutto calibrato sul singolo, senza stressare il corpo, ma guidandolo con costanza verso la ripresa.
Visite specialistiche: il ruolo dei team dedicati
Il percorso oncologico non può essere solitario. Serve una rete di professionisti che accompagni il paziente, lo guidi e lo protegga.
Le figure chiave:
- oncologo, per la gestione clinica e le valutazioni post-terapia
- fisiatra e fisioterapista, per il recupero motorio e funzionale
- medico dello sport, per costruire un piano di esercizio sicuro e motivante
- psico-oncologo, per sostenere il paziente nelle fasi più fragili
- dietista o nutrizionista clinico, per un’alimentazione equilibrata che favorisca il recupero
Ogni sintomo, ogni segnale, va ascoltato. E dopo i 40 anni check up periodici sono un segnale evidente che tieni alla tua salute. Le diagnosi precoci e il monitoraggio regolare fanno la differenza, anche quando le terapie sembrano finite.
Ricominciare è possibile, anche con passi piccoli
Camminare non è solo spostarsi. È dire al corpo che si può ancora andare avanti.
Ogni passo dopo la malattia è un gesto rivoluzionario. È corpo che rinasce, anima che si riaccende, volontà che non si spegne.
Il movimento non è mai solo fisico: è un atto d’amore per se stessi, per chi ci è accanto, per chi ci aspetta.